Bus in scarpata: un anno dopo il dolore è ancora vivo. Tragedia causò 40 morti

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bus-scarpata-tragedia-napoli-avellinoE’ trascorso quasi un anno da quella domenica 28 luglio 2013 che in Campania riporta alla mente la tragedia del bus precipitato in una scarpata  dell’Autostrada A16 Napoli-Canosa. La carcassa accartocciata del bus in fondo al burrone dopo un volo di  trenta metri dal viadotto. In trentasei morirono all’istante, quattro nei giorni successivi negli ospedali. Otto i sopravvissuti, tra questi cinque bambini che dopo mesi di cure e operazioni sono tornati a casa. La vittima più giovane di questa tragedia, che il Presidente Giorgio Napolitano definì “inaccettabile”, si chiamava Simona Del Giudice.
Aveva 16 anni, era di Pozzuoli, come quasi tutti i gitanti che tornavano a casa dopo tre giorni nel Sannio, tra Telese Terme e Pietrelcina, il paese di Padre Pio. Simona spirò al “Cardarelli” di Napoli dopo otto giorni di coma. Nella sciagura, aveva perso il padre Antonio e la sorella di 22 anni, Silvana. Della famiglia si è salvata la madre, Clorinda Iaccarino, 44 anni, a cui per settimane venne taciuta la verità sulla sorte dei congiunti. La tragedia si consumò in pochi minuti. Ne mancavano pochi alle 20.30.
Il bus guidato da Ciro Lametta cominciò a sbandare, evitò di centrare in pieno le auto dirette verso Napoli. L’autista accostò il bus al muraglione che costeggia l’autostrada per rallentarne la corsa. Così per una decina di metri. Fino a quando le protezioni cedettero e insieme all’autobus e ai suoi passeggeri, finirono nella scarpata. Ad un anno dalla tragedia l’indagine della Procura di Avellino ha consegnato le prime possibili verità, dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di sette persone e l’arresto di tre, accusate di aver falsificato la revisione dell’autobus.
Le perizie affidate il 27 agosto 2013 ai consulenti di ufficio sono state depositate il 15 giugno scorso: 650 pagine e altre 1.500 di allegati, in cui gli ingegneri Alessandro Lima, Andrea Demozzi, Lorenzo Caramma, e il professor Vittorio Giavotto chiamano in causa soprattutto la Società Autostrade: gli ancoraggi (tirafondi, ndr) al suolo delle barriere di protezione, si legge nella perizia, erano in uno stato di degrado dovuto alla mancanza di manutenzione e controlli, “nonostante il prevedibile elevato rischio di corrosione”. Secondo i periti, “la barriera esistente, nelle condizioni di installazione, con i tirafondi integri, avrebbe contenuto l’autobus, evitandone la caduta dal viadotto”. Gli stessi periti, “assolvono” il 44enne autista del bus, Ciro Lametta: “Ha tentato in tutti i modi possibili di salvare la sua vita e quella degli altri”.
Dopo il deposito della perizia, l’inchiesta, coordinata dal procuratore Rosario Cantelmo e affidata ai pm Armando Del Bene e Cecilia Annecchini, ha fatto registrare nuovi sviluppi: in carcere sono finiti Gennaro Lametta, fratello di Ciro, e proprietario dell’agenzia Alam Viaggi che aveva noleggiato l’autobus, e due dipendenti della Motorizzazione Civile di Napoli, l’ingegnere Vittorio Saulino, 56 anni di San Giorgio a Cremano (Napoli), a cui sono stati successivamente concessi gli arresti domiciliari, e l’impiegata Antonietta Ceriola, 63 anni di Giffoni Sei Casali (Salerno). I due funzionari avrebbero falsificato la revisione dell’autobus immatricolato nel 1995 con oltre 800 mila chilometri inserendosi nel sistema informatico della Motorizzazione. 
Fonte ANSA

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