Pendolaria 2014: tra le dieci peggiori linee ferroviarie italiane c’è anche la Salerno-Potenza

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Tratta_Sicignano_LagonegroNel nostro Paese sentiamo sempre più parlare di alta velocità, di città distanti centinaia di chilometri raggiungibili in poco tempo grazie a treni superveloci. Investimenti massicci in cose che fanno più effetto, ma che poi, nella pratica quotidiana servono a pochi professionisti, a turisti o quanti devono spostarsi saltuariamente per qualche commissione. Il vero problema è il trasporto pendolare, quello utilizzato da lavoratori e studenti ogni giorni, per raggiungere il proprio luogo di lavoro o l’università e la scuola. Trattasi di una vera nota dolente, tanto per il trasporto su gomma che su quello su ferro. Anche quest’anno Legambiente si è occupato dello stato di salute del trasporto ferroviario regionale, con il rapporto Campagna pendolaria. Vediamo quali sono le dieci linee più disastrose, in termini di ritardi e soppressioni.

Le linee che andrebbero migliorate (e di molto) o che andrebbero evitate, si trovano quasi tutte, manco a dirlo, al Centro-sud: la Roma Termini-Ciampino-Castelli Romani, la Circumflegrea, la Bergamo-Milano, la Siracusa-Ragusa-Gela, la Portogruaro-Venezia. E ancora laCatanzaro-Lido-Lamezia Terme, la Salerno-Potenza e la Campobasso-Isernia-Roma. Poi ci sono le linee soppresse, con la Regione Piemonte in testa a tutte: ben quattordici nell’ultimo triennio, mentre un’altra linea tra Lombardia ed Emilia Romagna pure è stata eliminata: la Cremona-Piacenza. Il tutto, mentre si continua ad aumentare il biglietto singolo o gli abbonamenti per i poveri bistrattati pendolari.

Volendo trarre delle percentuali, occorre dire che l’Abruzzo si pone tra quella più sanguinaria con il ventuno percento delle soppressioni; seguono la Campania e la Sicilia, col diciannove percento. Prima parlavamo di aumenti del costo del biglietto. Capofila si pone ancora il Piemonte, con un +47%, poi la Ligura col 41% e completano il podio Abruzzo e Umbria, col 25%. Come si può notare, paradossalmente, proprio quelle regioni che più delle altre hanno tagliato.

Fonte blastingnews

2 Commenti

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  • La mia domanda alle Ferrovie del Centro-Nord abusivamente dette dello Stato già TransPadania SpA abusivamente detta Trenitalia SpA come si fa per andare in treno da Salerno a Matera 200Km in tempi ragionevoli e non in 7 ore.
    Leggete quest’articolo poi parliamo di Moretti, Ciucci, Lupi & C., e dei nostri bravi parlamentari del SUD che votano contro il SUD la legge sul federalismo che dà più soldi a chi più ne ha PER LEGGE. La TAV si fa per legge il Ponte sullo stretto o il passante Tirreno-Adriatico NO.

    L’articolo:
    «In treno a Matera». Ma non c’è la stazione
    Gaffe di Trenitalia in uno spot. Il cantiere aperto 20 anni fa è bloccato. E così, come un secolo fa, i lucani continuano a odiare treni e ferrovie.

    DAL NOSTRO INVIATO, BARAGIANO (Potenza) – Nell’altra Italia, Tav non ha lo stesso significato che ha in Val di Susa. Nell’altra Italia, quella in cui il famoso Cristo si era fermato nella famosa Eboli perché di binari per proseguire fino in Lucania non ce n’erano più, Tav si legge Tal, cioè Treno ad andamento lento. Ma così lento, che quando arriva a Baragiano, tra Salerno e Potenza, cippo chilometrico 140 e pendenza del 25 per cento, anche se è un Intercity, come il Roma-Taranto 35071 del 5 dicembre scorso, non ce la fa. E rimane lì, fermo in salita, fino a quando da Salerno o da Battipaglia non mandano una motrice a rimorchiare il convoglio e a trainarlo nella stazione di Potenza. Dove, a causa del ritardo «imprevisto» dovuto alla salita di Baragiano, ormai vissuta dai passeggeri di quella linea come le cime dello Stelvio scalate da Fausto Coppi, si lascia il treno e si sale sul pullman per proseguire la «corsa» fino a Taranto.
    Ora, uno pensa che cose così siano eventi eccezionali. Invece no. Dice l’assessore regionale alle Infrastrutture della Basilicata, il verde Francesco Mollica, che lo stesso fatto, in quel punto, «si verifica non meno di quattro-cinque volte l’anno, come sanno bene Trenitalia e Rete ferroviaria italiana». Mollica ha anche minacciato di rivedere i contratti annuali di servizio con la Regione. Ma niente. E così, come un secolo fa, i lucani continuano a odiare treni e ferrovie. E non perché troppo veloci, ma perché troppo lenti, troppo pochi e pure vecchi e malandati. La Basilicata ha una rete ferroviaria di appena 356 chilometri per circa tremila passeggeri al giorno, che si traduce in un trionfo del trasporto su gomma rispetto a quello su ferro (95 contro 5 per cento) persino nel settore del trasporto pubblico. E che di fatto mantiene la regione in uno stato di isolamento come quando era «arretrata». Passasse di qui il corridoio transeuropeo Kiev-Lisbona «ci saliremmo subito», dice l’assessore Mollica, «a patto che non vi siano pericoli di amianto e ministri in conflitto d’interesse con le opere da realizzare, come sembra accada in Val di Susa». Per i lucani, il corridoio Kiev-Lisbona è la Luna. Loro, per andare da Matera a Salerno con il «sistema integrato» treno-pullman, ci mettono sette ore.

    Ecco perché da decenni invocano il «corridoio» Tirreno-Adriatico e sperano di essere ancora vivi il giorno in cui verranno appianate le pendenze, eliminati alcuni raggi di curvatura e aumentati gli standard di sicurezza, interventi che renderebbero i treni della linea Battipaglia-Potenza-Taranto più veloci. Non è un’esagerazione. Qui è dal 1906 che pregano affinché Matera, unico capoluogo d’Italia a esserne privo, venga toccata dalla grazia di una stazione delle Ferrovie dello Stato. Invece ecco che le radio, Rai compresa, trasmettono uno spot di Trenitalia per Natale, con il supereroe dei Fantastici 4, «La Cosa», che invita ad acquistare un biglietto in offerta speciale «per andare a trovare lo zio Pietro a Matera». «Sua sorella deve andare a trovare, sia chi ha pensato sia chi ha pagato lo spot». Lo dicevano, «fuori onda», gli stessi consiglieri regionali lucani che poi hanno scritto a Trenitalia, accusandola di aver confezionato «uno spot ingannevole e fuorviante, frutto di scarsa conoscenza della propria dotazione infrastrutturale». Ma per la stazione che non c’è un cantiere è stato aperto. Vent’anni fa. Solo che oggi, spesi seicento miliardi, s’è bloccato in una galleria. Hanno trovato, beati loro, un giacimento di gas naturale. E il treno s’è fermato un’altra volta. Un po’ più giù di Eboli, però.
    Carlo Vulpio
    16 dicembre 2005

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