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Omicidio Vassallo: giovedì in Italia ‘il Brasiliano’. Fratello Sindaco: «Sa molte cose, le dica»

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“Più che un punto di svolta è un nuovo inizio. Siamo sicuri – sottolinea – che Damiani sappia molte cose, ora sta alla magistratura fargliele dire. Siamo sempre stati fiduciosi e lo saremo sempre.

L’unica cosa che ci rattrista è il trasferimento a Napoli del pm Rosa Volpe che da 54 mesi ha in mano l’inchiesta. Temiamo che il suo trasferimento possa provocare eccessivi rallentamenti”.  A dirlo Dario Vassallo, fratello di Angelo il sindaco di Pollica ucciso il 5 settembre del 2010 mentre ritornava a casa.  Il presidente della Fondazione Angelo Vassallo commenta così il ritorno in Italia, previsto per giovedì prossimi di Bruno Humberto Damiani. L’uomo, detto il ‘brasiliano’  per ora è l’unico indagato per la morte del sindaco pescatore.

Finora il 32enne stato  rinchiuso nel carcere di Bogotà (Colombia) dove sconta una pena per un altro reato commesso, si è sempre detto “estraneo a questo omicidio”. Per gli inquirenti invece sarebbe stato lui ad aver ucciso Vassallo a seguito di un diverbio avuto alcuni giorni prima del delitto: secondo gli investigatori il sindaco si opponeva all’attività di spaccio che stava prendendo piede nella frazione di Acciaroli.

“Dopo l’arrivo a Roma – spiega l’avvocato penalista Michele Sarno che difende il brasiliano – il mio assistito, entro cinque giorni, dovrà affrontare l’interrogatorio di garanzia in relazione all’ordinanza per la quale è detenuto, dal momento che è imputato per una serie di estorsioni al mercato ittico. Dopo di che credo che si avvieranno le procedure per un suo avvicinamento a Salerno. Nonostante la grande attenzione che questo caso ha suscitato, e nonostante la Procura della Repubblica di Salerno abbia contributo affinché questa estradizione potesse essere perfezionata, abbiamo registrato delle lungaggini che non sono giustificabili da parte del ministero.

Il nostro governo si dovrebbe interrogare su quanto tempo un cittadino italiano possa essere detenuto in un carcere straniero e attendere di ritornare nel proprio Paese”. “Il mio assistito, inoltre – prosegue l’avvocato – è stato il primo a dirsi desideroso di tornare in Italia e affrontare i processi che lo vedono imputato e indagato. Il mio assistito è molto provato. Ha trascorso davvero troppo tempo nel carcere colombiano di Bogotà. Lì le condizioni dei detenuti non sono sicuramente ottimali e in confronto le nostre case circondariali sono alberghi a cinque stelle. Ma Damiani, per le sue capacità caratteriali, si è dimostrato un ragazzo sano in questo senso e ha saputo reagire nonostante non sia stata una esperienza facile”.

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