Sanremo 2016, Sono solo canzonette? di Tony Ardito

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tony_ardito_foto_2Sanremo, come sempre, rappresenta una bella metafora del nostro Paese. La sessantaseiesima edizione, egregiamente diretta da Carlo Conti, ha registrato ascolti record e raccontato in modo tutto sommato semplice ed elegante anche la contemporaneità dei fatti e degli accadimenti.

Tanti, troppi, hanno preferito soffermarsi solo sui colori dell’arcobaleno con cui questo o quell’artista ha inteso “tingere” la propria esibizione ed invece si è rivelata una manifestazione densa di valore e valori e che, al netto dei legittimi assensi o dissensi, si è consumata con sostanziale sobrietà.

Una vulcanica Virginia Raffaele, un autoironico Gabriel Garko, una affascinante Madalina Ghenea, hanno egregiamente svolto il ruolo di partner del bravo conduttore fiorentino. La musica, le canzoni, le loro diverse e variegate sfumature ed interpretazioni di big e nuove proposte, son state le protagoniste assolute di un racconto dei nostri tempi.

Nonostante l’amore, come sempre, sia stato il tema principe –  e la vittoria degli Stadio, con “Un giorno mi dirai”, ne è la conferma – i temi attinenti al sociale, all’attualità, presenti nei testi impegnati e non, hanno raccontato lo spaccato di una società tormentata, in affanno, ma che non perde la voglia di sperare.

I campani, in gran parte, hanno istintivamente tifato per il napoletano Clementino ed il  salernitano Rocco Hunt i quali, al di là del sound coinvolgente e ritmato, hanno saputo descrivere il disagio, della propria terra; ma anche la tenacia e l’entusiasmo di un popolo che non si arrende. Non credo sia un caso se i rapper nostrani hanno scelto, inoltre, quali cover due capolavori della canzone partenopea ed interpretato rispettivamente “Don Raffaè”, di Fabrizio De André e “Tu vuò fa’ l’americano”,  di Renato Carosone.

C’è, infine, un frammento, un attimo intenso che a mio avviso nobilita e conferisce significato alla intera edizione di questo festival. Esso è in quel meraviglioso dono, in quella gigantesca Lezione impartita da uno straordinario Ezio Bosso; un uomo, un artista che, in pochi minuti più di ogni altro superospite, ha saputo testimoniare il valore terapeutico di una passione e della virtù salvifica di un sentimento; che ha professato la bellezza della condivisione;  che ha affermato la ricchezza dello stare insieme e del reciproco ascolto.

Infondo, infondo  non son solo canzonette.

 

editoriale a cura di Tony Ardito

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