La fine della guerra fredda coincide temporalmente con la fine dell’Unione Sovietica: 25 dicembre 1991. E’ nel giorno di natale che l’ultimo Presidente dell’URSS rassegna le dimissioni dalla carica, la bandiera rossa è ammainata dal Cremlino e sostituita dalla bandiera di Russia. Nell’arco di pochi anni dall’accesso al potere, Mikhail Gorbacev avvia un processo di ristrutturazione (perestrojka) che, volendo riformare il sistema, lo fa implodere. Il sistema è ormai al di là della riformabilità. Prima si sfalda l’impero esterno, quello dei paesi “fratelli” dell’Est, e poi si sfalda l’impero interno. Alcune Repubbliche sovietiche si separano dall’URSS. Le tre più importanti (Russia, Ucraina, Bielorussia) firmano l’accordo di Belaveza per certificare la fine dell’URSS e la nascita della Comunità Stati Indipendenti.
Nel febbraio 2016, venticinque anni dopo i fatti di quel natale, il Primo Ministro russo rievoca la guerra fredda come prospettiva per il presente. Con gli Stati Uniti non si trova l’accordo su una posizione comune in Siria e il mancato accordo potrebbe varcare lo scenario siriano. La telefonata di qualche giorno fa fra i Presidenti russo e americano avvicina le parti che proclamano il cessate il fuoco in Siria e inducono il Presidente siriano Assad a convocare le elezioni per il 13 aprile.
Se gli eventi sul campo seguono le intenzioni dei Grandi, fra qualche giorno si dovrebbero intravvedere una soluzione al caso siriano e pure una limitazione alla massa di profughi. A migliaia scappano dalla guerra civile per riversarsi nella vicina Turchia e di là, lungo la rotta balcanica o del Mare Egeo, fino alle nostre terre.
Gli attori in campo sono numerosi, alcuni come ISIS – DAESH sono apertamente ostili a qualsiasi compromesso che li vedrebbe perdenti. E allora: nutriamo fiducia che la guerra fredda sta alle spalle, esprimiamo cautela verso una pace vera e durevole.
Cosimo Risi
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