Acquisti con carte di credito clonate, 26 arresti

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pos_bancomatClonavano carte di credito intestate a stranieri acquisendone i dati attraverso siti web illegali, e poi effettuavano acquisti di valore on-line o in negozi compiacenti: i Carabinieri di Caserta, coordinati dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli, stanno eseguendo 26 provvedimenti cautelari nei confronti di altrettanti indagati ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione, alla frode informatica e all’utilizzo indebito di titoli di pagamento.

I militari dell’Arma stanno notificando i provvedimenti nelle province di Caserta, Napoli, Avellino, Benevento e Milano. In corso anche perquisizioni domiciliari e la notifica dell’avviso di conclusione indagine nei confronti di ulteriori 19 indagati.

I carabinieri di Caserta, che oggi hanno sgominato una banda di truffatori che effettuava acquisti con carte di credito clonate, hanno messo fine a un giro d’affari da circa 2,5 milioni di euro. Complessivamente hanno eseguito due arresti in carcere, sei arresti ai domiciliari e notificato 18 obblighi di dimora. A clonare le carte di credito erano un italiano e un cittadino delle Mauritius, particolarmente abili nell’uso dei sistemi informatici. Acquisivano i dati personali e delle carte di credito di cittadini stranieri facoltosi, eseguivano le clonazioni con degli skimmer e poi venivano eseguiti acquisti e transazioni on-line. I dati venivano reperiti attraverso siti internet illegali che fornivano loro i dati a pagamento. Gli acquisti venivano fatti anche in negozi compiacenti con i cui titolari veniva suddiviso il provento della truffa.

Talvolta, nell’operazione, figurava anche un intermediario al quale spettava una percentuale. Dalle indagini è emerso che erano state costituite anche delle attività commerciali fittizie utilizzate per simulare acquisti e intascare il denaro. Tra i destinatari dei provvedimenti figurano titolari di negozi compiacenti, un commercialista che provvedeva a fornire fatture false che giustificassero le compravendite, e un sub agente di un istituto bancario che agevolava la fornitura dei pos con i quali venivano eseguiti gli acquisti.

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