Prevenire l’ictus nel paziente con Fibrillazione Atriale: missione possibile

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Cervello_uomoE’ ormai dimostrato che la Fibrillazione Atriale è causa del 15% di tutti gli ictus cardioembolici. Ciò significa che in Italia dei 200.000 casi di ictus stimati all’anno, 30.000 sono determinati da questa frequente anomalia del ritmo cardiaco, la cui prevalenza è stimata intorno all’1% della popolazione (ma ben il 10% degli ultra ottantenni).

 

In Italia, l’ictus oltre ad essere responsabile ogni anno del 10 -12% di tutti i decessi, rappresenta la prima causa di invalidità, per questo richiede un’importante gestione preventiva del rischio, soprattutto in pazienti con Fibrillazione Atriale.

 

Per esercitare misure preventive adeguate, l’elemento cruciale è rappresentato dall’utilizzo di un efficace regime terapeutico, attraverso una terapia anticoagulante valida. Tuttavia in Italia si registra unsottotrattamento dei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale, dovuto principalmente ai limiti della profilassi farmacologica finora utilizzata (antagonisti della vitamina K), che presenta alcune difficoltà di gestione come la necessità di frequenti controlli ematici per l’aggiustamento del dosaggio, data l’alta variabilità di risposta inter-individuale e temporale.

 

Da tre anni, però, anche il nostro Paese può contare su una classe di farmaci innovativi, i Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO), più maneggevoli e sicuri, in grado di venire incontro alle esigenze di medici e pazienti.

 

Al trattamento delle patologie tromboemboliche dopo l’introduzione nella pratica clinica dei NAO, è dedicato l’Incontro dal titolo: “Prevenire lostroke ischemico nel paziente fibrillante si può”, che si terrà a Paestum il 15 e il 16 aprile 2016 e che riunisce alcuni tra gli esponenti più autorevoli erappresentativi della cardiologia della Regione Campania.

 

“La situazione nella Regione Campania e in particolar modo nell’area sud della Provincia di Salerno (Cilento e Vallo di Diano) è assai peculiare – dichiara il Dottor Raffaele Rotunno, Direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia del Presidio ospedaliero di Roccadaspide (SA) – Da un lato la popolazione ha un’età media molto avanzata rispetto ad altre aree, fattore che aumenta l’incidenza della Fibrillazione Atriale, dall’altro il territorio presenta importanti difficoltà logistiche, con una distribuzione disomogenea dei Centri TAO (Terapia Anticoagulante Orale) dove vengono effettuati i controlli ematici, costringendo molti pazienti ad affrontare lunghi spostamenti, in alcuni casi impossibili per le persone anziane.”

 

“E’, dunque, evidente, che l’introduzione nella pratica clinica di una nuova classe di farmaci, i Nuovi Anticoagulanti Orali (dabigatran, rivaroxaban e apixaban, seguendo l’ordine di immissione nel mercato) – continua Rotunno – che non richiedono controlli ematici costanti presso i Centri TAO, non hanno interazioni con gli alimenti e ridotte sono quelle con altri farmaci, hanno una somministrazione a dosaggio fisso (nel caso di rivaroxaban una sola somministrazione giornaliera), e presentano un basso rischio di sanguinamenti maggiori rispetto alla terapia tradizionale,non poteva che essere accolta in modo più che positivo, sia dalla classe medica che dai pazienti stessi. Per questo motivo nella nostra Provincia questa opportunità è stata subito recepita e i NAO hanno avuto una rapida diffusione, sempre nel rispetto delle norme prescrittive ministeriali”.

 

L’incontro, oltre che agli specialisti prescrittori, è rivolto anche ai medici di famiglia in quanto la gestione del paziente con Fibrillazione Atriale a rischio ictus è una delle priorità della medicina generale, anche perché capita spesso che sia il medico di famiglia a individuare per primo questa patologia.

 

“Con l’innovazione apportata dai Nuovi Anticoagulanti Orali – conclude Rotunno – è  più probabile che il follow-up quotidiano del paziente fibrillato sia in carico al medico di medicina generale ancor più in quelle aree distanti dai centri regionali specializzati, nelle quali il medico di medicina generale resta un punto di riferimento per il paziente e per i suoi familiari”.

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