Site icon Salernonotizie.it

Vale la penna di_versar (Parole, vino e libertà)

Stampa

Scriver a stessi
è un atto d’Amore.
Ad una donna
che ha saputo trasformare il suo dolore.
Lì dove la conchiglia si lascia lavorare dalla sabbia e dal mare,
nasce la rarità dell’essere perla

Grazie Enrie.

              ————————-

Caro Enrico ti scrivo,

così mi distraggo un po’.

Oggi compiamo entrambi ventinove anni, e volevo augurarti buon compleanno così, con una lettera, visto che è da tanto tempo che non ci parliamo ed ho paura di aver commesso nuovamente l’errore che faccio spesso, quello di allontanarmi dalle persone che amo quando non le sento per un po’.

Avvertivo il bisogno di scriverti per dirti che qui va tutto bene: mamma e papà invecchiano serenamente, le tue sorelle sono diventate madri, e sebbene tu avessi già avuto due splendidi nipoti, io adesso sono diventata zia per la prima volta. Leonardo non avrà il dubbio su come chiamarmi, per lui sarò solo Zia Enrie, e forse è meglio così.

Mi chiedo se sei orgoglioso della donna che sono diventata, se sono quello che sognavi per me. Vivo ancora in quella cittadina di mare dove siamo nati e cresciuti, nessun principe è venuto a rapirmi per portarmi via ed io non ho ancora avuto il cuore di andarmene una volta e per tutte.
Però ho smesso di fumare, sai? quel brutto vizio che avevi preso a 19 anni dopo che il tuo primo fidanzato ti aveva lasciato. Ho imparato a mangiare meno schifezze – a cucinare invece sono ancora una frana – ed ho anche trovato la fede in quel Dio che tu non hai mai conosciuto; ho fatto il cammino di Santiago che è stata un’esperienza bellissima che mi ha cambiato la vita, ed ho finalmente realizzato quel sogno di vedere New York.

La gente mi chiede che fine hai fatto, ed io non so mai cosa rispondere.
Non so più nulla di te, di dove sei finito, e a volte mi chiedo se tu sia mai stato reale o eri soltanto un’illusione; come se tu, Enrico, fossi solo un involucro, e la gente abbia sempre e solo conosciuto Enrie senza mai saperlo.
Lo sai che in fondo sono sempre stata timida e restia al mettermi in mostra.

Non posso fare a meno di chiedermi come stai: se hai trovato l’amore, se sei felice, se sei riuscito a realizzare i tuoi sogni di quando avevamo 13 anni, e se sei diventato un po’ meno timido e impacciato. Ricordo quando eravamo piccoli, tu sempre chiuso nella stanza a leggere mentre tutti gli altri erano fuori a giocare. Facevi fatica ad inserirti in qualsiasi gruppo, forse perché sapevi di non riuscire – o non poter – essere spontaneo al 100%, e forse la causa di tanto dolore per te sono stata io. Probabilmente a quella giovane età non sapevi ancora che ci fosse una donna che ti doleva nel corpo, e a volte mi chiedo quanti anni di felicità ci siamo negati l’uno per colpa dell’altro.

Stavo riguardando le tue foto, l’altro giorno. Eri bello. Eri così bello, e tutti ti volevano bene, mentre io ormai faccio fatica anche a sopportarmi da sola.
Eri bello ma tu non ti vedevi così; ti vedevi sempre brutto, sempre inadeguato, come se non fossi mai abbastanza. Quella tua fragilità è anche un po’ la mia, e me la porto dietro per non dimenticare quante ne abbiamo passate insieme. Eppure – nonostante tutto – tu sorridevi sempre, e non ti nego che mi piacerebbe avere il tuo sorriso, quello che piaceva a tutti, e pure papà ti diceva che quando sorridevi eri più bello. Ecco, mi piacerebbe avere quel tuo sorriso, ma purtroppo a me l’hanno rubato a suon di addii e sogni e promesse infrante. La gente vede ormai in me una donna fragile e stanca, e non quella forte che sono, fiera ed orgogliosa di essermi presa in mano la mia vita ed averne fatto quello che volevo, a discapito tuo.
Credimi, non avrei voluto farti del male, dimenticarti, farti sparire così, ma per amor mio ho dovuto lasciarti andare, capisci? Noi che abbiamo sempre anteposto gli altri a noi stessi ogni tanto dobbiamo ricordarci di essere un po’ egoisti per proteggerci, tutelarci, perché nessuno l’ha mai fatto per noi e abbiamo dovuto sempre cavarcela da soli, come quando per strada i ragazzi ti chiamavano “Ricchione!” e tu alzavi la testa un po’ di più per non dargli la soddisfazione di vederti piangere. Hai cercato sempre di tirarti fuori dalla miseria che ti circondava con la grazia e la gentilezza che ti hanno sempre contraddistinto, perché dicevi sempre che la gentilezza avrebbe salvato il mondo. Quanta forza devi aver avuto, più di quanto chiunque altro avrebbe potuto pensare, osservandoti da fuori con quel corpicino esile e gli occhiali grandi con cui guardavi il mondo con quel misto di paura e speranza.

Spero tu sia riuscito a perdonarti per tutte quelle volte in cui non sei stato capace di amare, ma soprattutto di essere amato: credimi, non era colpa tua, era solo che avevi questa terribile tendenza a dare tutto il tuo cuore alle persone a te care, ed io credo di aver preso da te in questo.
E poi, spero che riuscirai a perdonare me, per non aver capito quanto stessi realmente soffrendo, per averti sottoposto ad umiliazioni, delusioni ed amori sbagliati, per non aver mai compreso appieno tutti gli sforzi sovrumani che facevi per provare a stare bene nel tuo corpo e far credere agli altri che fosse così; e invece non stavi bene per niente, e provavi ad essere allegro e piacere agli altri solo per sentirti un po’ più a tuo agio dentro ai tuoi vestiti, dentro alla tua pelle.

Per tutti questi motivi, un regalo te lo meriti.
Anzi, due.

Per prima cosa, ti ho comprato un paio di allacciate maschili, quelle scarpe che odiavi tanto e che hai indossato solo una volta, in occasione della laurea.
Non le avresti messe nemmeno sotto tortura, ed invece io penso che con un paio di calzini metallizzati saranno molto carine sotto il jeans.

E poi so che hai sempre voluto essere famoso, e forse ti ho fatto andare via troppo presto, prima che tu potessi diventarlo.
Così, per il nostro ventinovesimo compleanno, ho voluto raccontare la tua storia, affinché il mondo fosse orgoglioso di te come lo sono io.

Grazie perché senza il tuo sacrificio io oggi non sarei qui, a parlare di te, di noi.
Grazie per non aver mollato, nemmeno quando sei rimasto da solo, nemmeno quando ti dicevano che eri sbagliato, o quando la vita sembrava così insopportabilmente pesante da poterla reggere tutta sulle tue spalle.
Grazie per aver avuto la forza e la pazienza di sopportarmi, per il tuo gesto d’amore infinito, e per aver creduto in me.

Resterai sempre il fratello che non ho mai avuto.

Tanti auguri a noi!

Con Amore

Enrie

http://www.enriescielzo.com/2016/11/caro-enrico-ti-scrivo.html?m=1

Fatima Mutarelli

Mail: valelapennasi@gmail.com
Fb: Fatima Mutarelli (ragazza alla finestra)

Exit mobile version