Studi di settore. Ultimo atto (di Luca De Franciscis)

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Luca De FranciscisGli studi di settore furono introdotti nel 1993, ma a decorrere dal 31 dicembre 2017 rappresenteranno l’ultimo atto e cesseranno del tutto. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze individuerà, i nuovi indici sintetici di affidabilità fiscale con livelli di premialità per i contribuenti.

Se ne parlava già da qualche settimana. Ma la conferma la si trova nella lettura dell’allegato al Decreto Legge del 22 ottobre 2016 n. 193 per le “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”. Dall’allegato si evince che le Commissioni riunite della Camera V e VI, hanno approvato l’emendamento per la soppressione degli Studi di Settore e l’ingresso, nell’ordinamento tributario, degli indici sintetici di affidabilità.

Sarà il Ministro dell’Economia e delle Finanze ad emanare un apposito Decreto, per regolamentare i livelli di premialità per i contribuenti più affidabili. E’ stato approvato, con l’allegato del 9 novembre scorso, l’emendamento e l’art. 7 bis che va ad aggiungersi al decreto in discussione alle Camere. Di seguito si riporta il nuovo articolo.

ART. 7 bis
(Introduzione di indici sintetici di affidabilità per la promozione della compliance fiscale, per la semplificazione degli adempimenti e per la contestuale soppressione della disciplina degli studi di settore).

1. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuati indici sintetici di affidabilità fiscale cui sono collegati livelli di premialità per i contribuenti più affidabili, anche in termini di esclusione o riduzione dei termini per gli accertamenti, al fine di stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari ed il rafforzamento della collaborazione tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti.   2. Contestualmente all’adozione degli indici di cui al comma 1 cessano di avere effetto, ai fini dell’accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore previsti dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e ai parametri previsti dall’articolo 3, commi da 181 a 189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. (Approvato). Per leggere l’allegato cliccare suArt 7 bis emendamenti.

 

Il cambiamento farà piacere a molti, imprese e lavoratori autonomi. Gli studi di settore attribuiscono al contribuente ricavi o compensi con analisi economiche e con tecnica basata su statistiche matematiche. Questa procedura ha creato non poche complicazioni ai contribuenti.

Si spera nel nuovo sistema anche perché dovrebbe tener conto dell’affidabilità del contribuente e migliorare, la tanto pubblicizzata, collaborazione tra contribuente e fisco. Pare che il contribuente debba essere valutato come si fa per gli studenti e avere un formato di pagella che misuri il grado di affidabilità, con indice/voto (?) da 1 a 10.

C’è da dire anche che gli studi di settore sono diventati obsoleti e dopo circa 22 anni, ritenuti non più attuali, anche per la particolare situazione economica in atto anche nel nostro Paese. La conversione del Decreto Legge, con gli emendamenti, è attesa per oggi 14 novembre 2016.

Anche la Suprema Corte di Cassazione ha rilevato, in più occasioni, criticità di applicazione degli studi di settore. Per richiamare le criticità si indicano di seguito, due significative Sentenze della Suprema Corte di Cassazione che, forse, ha contribuito a dare una spinta al cambiamento.

Per le richiamate criticità si riporta parte della Sentenza n. 6230 del 27 marzo 2015, sez. V, della Suprema Corte di Cassazione che, in merito agli studi di settore, rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate con la seguente motivazione:

E ‘necessario ricordare che questa Corte, dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 26635/2009, ha già avuto modo di chiarire che l’accertamento tributario standardizzato mediante applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege ”determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, questi ha l’onere di provare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma va integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate”.

Per leggere l’intera Sentenza cliccare qui.

Per leggere anche la Sentenza della Suprema Corte di Cassazione a SS.UU. n. 26635 del 18 dicembre 2009 che ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cliccare su → Cassazione a Sezioni Unite.

Luca De Franciscis

dottore commercialista

www.studiodefranciscis.it

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