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Terremoto, valanga su Hotel. Tra i turisti anche un salernitano

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E’ stata estratta la prima vittima dalle macerie dell’hotel Rigopiano, nel cuore del Gran Sasso. L’albergo è stato travolto da una slavina dovuta alle abbondanti nevicate e alle frequenti e forti scosse di terremoto nella zona circostante. Nell’albergo sono rimaste intrappolate almeno trenta persone, tra cui anche alcuni bambini, e i soccorsi sono arrivati dopo ore di marcia sugli sci nella notte. Si continua a scavare ma, dicono gli uomini arrivati sul posto, “è difficilissimo”.

Nell’hotel ieri erano presenti circa dieci persone della struttura ed almeno 20 ospiti di cui due bambini di 8 e 6 anni, arrivati per la maggior parte dall’Abruzzo (Pescara, Giulianova, Popoli, Chieti, Montesilvano, Loreto, Penne e Lanciano), ma anche da Roma, Macerata, Cosenza e poi dalla Svizzera e dalla Germania. Gli altri sono dipendenti. Tra i visitatori anche un 28enne salernitano, originario di Valva ma residente con la famiglia ad Oliveto Citra, prima di trasferirsi a Silvi Marina nel 2002.




Nessuna notizia sulle loro condizioni di salute: si è ipotizzato che, dopo la slavina, i presenti siano rimasti prigionieri sotto macerie e neve. La speranza è che siano riusciti a radunarsi e a mettersi in salvo dopo il primo allarme. A segnalare l’accaduto è stato uno degli ospiti, Giampiero Parete, un cuoco che alloggiava in hotel e che era in vacanza con la famiglia. Verso le 17,30 Parete ha contattato telefonicamente, tramite Whatsapp il suo datore di lavoro, Quintino Marcella, titolare del ristorante Isola Felice, a Silvi, e ha chiesto aiuto.

«L’hotel non c’è più, c’è stata una valanga. Chiedi aiuto», ha urlato Parete a Marcella spiegando di essere all’esterno dell’hotel Rigopiano con un amico. Il ristoratore non ha perso tempo. «Mi sono attivato», racconta, «mi sono messo in contatto con la prefettura ma mi hanno rassicurato dicendo che il direttore dell’hotel aveva garantito che non era successo nulla. Nonostante ciò non mi sono fermato e ho avvisato il mondo, dai soccorsi alle persone che conosco a Farindola, il mio paese. Poi ho risentito Parete al telefono, continuava a chiedere aiuto, a dirmi che non era arrivato nessuno, ma in serata le comunicazioni si sono interrotte. Sono distrutto, mi auguro che li trovino vivi».

 

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