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Un fantasma si aggira per l’Europa: il macronismo (di Cosimo Risi)

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Emanuel Macron ha il vento in poppa.  Si dimette da Ministro di Hollande,  fonda  un movimento suo (En marche!), si candida all’Eliseo nel deserto dei concorrenti salvo l’improbabile Marine Le Pen, è eletto alla Presidenza e entra al Louvre sulle note dell’Inno alla gioia, bacia Brigitte e si accompagna alla famiglia di lei, cambia il nome al movimento in La République en marche! per partecipare alle elezioni legislative.

E qui l’ultimo colpo: conquista la maggioranza assoluta dei seggi a favore di candidati ignoti ai più fino al giorno prima. Una immissione di facce nuoce che ha il sapore della freschezza e pone qualche dubbio circa la loro sapienza legislativa e la loro tenuta nel caso che vengano momenti duri anche per il fortunato Presidente.

Neppure l’uscita di alcuni Ministri per l’affare degli assistenti al Parlamento europeo messi a lavorare a Parigi scalfisce il quadro. Il partito del dimissionario Bayrou ha una pattuglia di parlamentari che resta nella maggioranza.

Quando le cose vanno bene, nulla può toccarci. L’esordio di Macron al Consiglio europeo di Bruxelles appare felice. Si fa precedere da un’intervista in cui enuncia il suo manifesto per l’Europa, riassumibile nello slogan subito diffuso in rete: l’Europa non è un supermercato, è il nostro destino comune. Opporre la spesa della massaia (del massaio) al destino è una tale iperbole da dare le vertigini pure ai critici preconcetti.

Il messaggio è lanciato a certi partner dell’Est: non credano di fare come il Regno Unito che ha preso finché ha potuto e ora lascia con perdite. Non si paga al banco quanto si prende dallo scaffale, si paga e si riceve la totalità dei benefici e degli obblighi che derivano dall’appartenenza all’Unione.

Questo vale anche e soprattutto nei casi spinosi come il reinsediamento dei profughi e le politiche migratorie. Macron ribadisce il concetto nella conferenza stampa congiunta con Angela Merkel: abbiamo sbagliato a non dare subito retta all’Italia quando ci richiamava alla gravità del problema.

Nel cammino verso la gloria non poteva mancare l’incontro con Hollywood, la vera consacrazione, assieme alla musica pop, di qualsiasi leader “d’immagine”. Macron riceve all’Eliseo Arnold Schwarzennegger.

L’attore è stato governatore repubblicano della California, è uno che di politica s’intende. Il fisico non è più quello scultoreo di Conan il barbaro ma la giacca contiene a stento i muscolosi pettorali. I capelli hanno quella tinta rossastra che sa di henné, le rughe sono spianate, il sorriso a tutti  denti è lo stesso ghigno, ora benevolo, di quando era Terminator.

Il video di Emanuel e Arnold che chiamano al pianeta pulito è un inno alla green economy ed una critica alla decisione di Trump di uscire dall’accordo sul clima. Il repubblicano Arnold critica il repubblicano Donald. Il credo di Macron tocca l’America: non ci stanno destra né sinistra, solo fautori e oppositori dell’ambiente pulito, l’aria che respiriamo è la stessa.

A paragonare la gioia  del giovane francese all’Eliseo con le angustie dell’anziano americano alla Casa Bianca, si misura il vallo che separa Europa e America. L’immagine significa qualcosa nel duro mondo della politica internazionale dove nessuno fa sconti a nessuno. Neppure l’eleganza di Melania Trump dissipa la cupezza che circonda il marito. A lui si potrebbe applicare il titolo di Gabriel Garcia Marquez: El General en su labirinto.

di Cosimo Risi

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