Donald Trump e Emmanuel Macron: la strana coppia (di Cosimo Risi)

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Donald Trump accetta l’invito di Emmanuel Macron a recarsi a Parigi il 14 luglio. La coincidenza è straordinaria. Il 14 luglio cadono la Festa della Repubblica e, nel 2017, il centenario della partecipazione americana alla Prima Guerra Mondiale.

Nel 1917 l’arrivo delle truppe USA segnò la svolta definitiva del conflitto determinando la vittoria dell’Alleanza franco-britannica (e italiana).

La prima volta delle truppe a stelle strisce ebbe la replica decenni dopo con la Seconda Guerra Mondiale: a cementare quel patto euro-atlantico che va oltre il quadro della NATO e regge nonostante le intemperie che attraversano l’Atlantico.

Trump è presentato come il meno europeista dei Presidenti americani, eppure sua madre era scozzese. E’ ritenuto freddo riguardo alle relazioni transatlantiche e caldo riguardo a quelle con Russia e Cina.

Eccolo invece assistere sui Campi Elisi alla sfilata delle truppe francesi integrate da un drappello americano a celebrare, appunto, il centenario.  Eccolo ricordare che la Statua della Libertà posta all’ingresso del porto di New York è opera dello stesso architetto che progettò la Torre Eiffel.

Eccolo stringere le mani del giovane Macron con un’insistenza poco protocollare e che subito attira l’attenzione dei media. Cosa significa quel gesto prolungato oltre misura e quel tenere contemporaneamente le mani di Emmanuel e  Brigitte?

Ecco, Brigitte. Sta sempre al centro dei commenti. Sessista, la definiscono i media al femminile, la frase che le dedica Trump in vena di galanteria: “You are in a good shape”.  Tradotta in italiano sta per “ti trovo in buona forma”.

Ora, si può anche bollare di sessismo Trump e quelli come lui che stringono la mano e baciano le donne con lo schiocco, ma è arduo ritenere sconveniente una frase del genere. Cosa avrebbe dovuto dire Donald a Brigitte per essere politicamente corretto?

Altre donne maliziosamente notano che Brigitte eccede colle minigonne: alla sua età, meglio evitare l’orlo sopra al ginocchio e i capelli lunghi. Mi pare più sessista questa obiezione che il complimento di Donald.

Brigitte ama le minigonne perché evidentemente ritiene di potersele permettere e se un uomo, neanche lui giovane, mostra di apprezzarla e se quest’uomo in particolare è il più potente al mondo, perché no.

Nell’incontro delle due coppie spicca il riserbo di Melania Trump. Lei si che può fare ciò che vuole. Indossa sempre l’abito giusto al momento giusto e lo esibisce con la maestria dell’indossatrice che fu. Sarà algida e poco comunicativa, ma sprizza classe anche col silenzio.

La diplomazia è divenuta mediatica, l’alta politica è divenuta mediatica. Non nel senso che la conoscenza degli affari internazionali si diffonde grazie ai media. I media  frugano nelle vite dei potenti per darci l’idea che essi sono come noi e noi come loro.

E’ il modulo che si applica a divi e divetti della televisione, che ci aprono le loro case sempre fastose e piene di figli e ex mariti e ex mogli sempre belli. La vita dei divi ci sfiora per il nostro diletto, guardiamo attraverso il buco della serratura del settimanale e la storia finisce lì. Nel caso dei potenti l’immagine mediatica oscura il dato di fondo.

La missione di Trump a Parigi segna un passaggio nei rapporti fra Stati Uniti e Francia, il paese tradizionalmente meno “americano” d’Europa. Fra i Presidenti si stabilisce il famoso “feeling”: una trama di simpatia personale, complimenti alle signore, comprensione delle ragioni altrui. Non che Trump, dopo Parigi, decida di restare nell’accordo sul clima né di rinnegare le posizioni neo-protezionistiche.

Si sarà però fatta l’idea che da questa parte dell’Atlantico non siamo così retrogradi come ci presenta certo pensiero americano a lui  caro. Persino la laica Francia, il paese meno cristiano del continente come lo definiva Giovanni Paolo II, ha qualcosa da insegnare ai teo-con (i conservatori devoti) d’America.

di Cosimo Risi

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