L’Italia capeggia il fronte europeo del no al glifosato (di Tony Ardito)

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La scorsa settimana a Bruxelles un gruppo di associazioni, tra cui Greenpeace, ha manifestato per la campagna “Stop glifosato”.

La protesta è avvenuta davanti al palazzo in cui doveva tenersi la riunione – poi rinviata – tra gli esperti degli stati europei per decidere sul futuro del diserbante.

La licenza per l’Europa scade a metà dicembre, la Commissione Europea propone il rinnovo per altri 5 o 7 anni. Giorni fa il Parlamento Europeo aveva approvato una risoluzione, che però non è vincolante, la quale suggeriva invece l’abbandono graduale delle erbicida entro i prossimi 5 anni.

Come insegnavano i nostri contadini d’un tempo, il grano si fa col sole, ora però pare che non sia più così. I nostri mercati sono pervasi di frumento di varietà autunnale proveniente dal Canada, che a quelle latitudini non può arrivare a piena maturazione ed alcuni giorni prima, viene irrorato con glifosato.

Si tratta di un diserbante non selettivo, capace di eliminare le erbe che infestano campi, giardini, verde stradale senza distinzioni. La sua molecola viene scoperta negli anni cinquanta; dal 1974 è la multinazionale Monsanto a capirne le potenzialità ed a diffonderne l’utilizzo. Il glifosato diventa così il più usato e discusso erbicida.

Allo stato, gli studi scientifici sono pochi e controversi; chissà se anche per effetto del ruolo esercitato dai colossi agrochimici. E’ comunque forte il sospetto che la molecola non sia solo potenzialmente cancerogena, come dichiarato nel 2015 dallo IARC – l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro della Organizzazione Mondiale della Sanità – ma anche un interferente endocrino, capace di danneggiare l’apparato riproduttivo e la flora intestinale. E’ cosi pare abbia potuto aver favorito la diffusione di talune patologie quali la celiachia.

Nel 2016 l’Italia ha bandito l’erbicida, oltre che dalle coltivazioni di grano, pure da parchi,  giardini, campi sportivi, scuole e strutture sanitarie. Il governo, attraverso i ministri delle Politiche Agricole, Maurizio Martina e della Salute, Beatrice Lorenzin, e con il robusto incoraggiamento di numerose associazioni, guida il fronte del no in Europa ed ha più volte cercato di impedirne l’uso sul territorio in base al principio di precauzione.

Purtroppo a Bari e negli altri porti del Sud, lo scorso anno, son state scaricate almeno 1milione e 200mila tonnellate di grano duro canadese. Sarebbero o no da ritenersi tecnicamente fuorilegge, in quanto trattate con glifosato?

A definire il quadro, si aggiunge la recente entrata in vigore del Ceta, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada, il quale prevede anche l’azzeramento dei dazi, il tutto senza che la origine del grano sia riportata in etichetta.

E allora, possiamo mai continuare a far entrare dalla finestra ciò che mettiamo con fatica alla porta?

editoriale a cura di Tony Ardito, giornalista

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