Autismo, nuovo farmaco lo cura nei topi: scienziati ottimisti

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Un nuovo farmaco sperimentale chiamato “nitrosinaptina” potrebbe curare la maggior parte delle forme dei Disturbi dello Spettro Autistico (DSA), meglio conosciuti come autismo.

L’eccezionale scoperta è stata fatta da un team di ricerca internazionale coordinato da studiosi dell’autorevole The Scripps Research Institute di La Jolla, California, che hanno testato con successo la molecola sui topi.

Nei roditori affetti da autismo murino, infatti, il farmaco non solo ha ripristinato la corretta funzionalità dei neuroni, ma ha avuto anche un impatto positivo nei comportamenti degli animali e sulle anomalie cerebrali tipiche del disturbo. In pratica, la nitrosinaptina potrebbe davvero riuscire a curare l’autismo nell’uomo.

Al momento i test sono stati effettuati soltanto su modelli murini e su cellule in coltura di pazienti autistici, offrendo evidenze preliminari dei potenziali benefici. Gli scienziati, coordinati dal professor Stuart Lipton, sono dunque in attesa del via libera per poterlo sperimentare nella cosiddetta fase clinica, ovvero direttamente sugli esseri umani. “Pensiamo che questo candidato farmaco possa essere efficace contro multiple forme di autismo”, ha sottolineato con entusiasmo l’autore principale dello studio.

Ma come funziona esattamente la nitrosinaptina? In parole semplici, questa molecola riequilibra l’attività dei neuroni coinvolti nella malattia, riducendone l’eccesso di eccitazione e favorendo la funzionalità inibitoria. In altri termini, mette un freno all’eccesso di attività neurale responsabile dei disturbi dello spettro autistico. I topi, una volta trattati, dopo la normalizzazione dell’attività dei neuroni non hanno più mostrato i comportamenti caratteristici dell’autismo.

L’entusiasmo sui risultati di questa ricerca è tale che associazioni di genitori di bambini autistici stanno agendo per sostenerla in ogni modo, anche sui social network. La speranza è che il nuovo farmaco possa dare risultati tangibili quando verrà impiegato nei primi test clinici. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications.

Fonte FanPage.it

 

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