Il paradosso tedesco e la certezza italiana (di Cosimo Risi)

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Tutto si può immaginare in Europa ma non l’instabilità politica tedesca e la sicurezza istituzionale italiana. In Germania gli elettori hanno votato in settembre dando una vittoria di misura alla coalizione cristiano – democratica di Angela Merkel, mentre hanno punito la socialdemocrazia di Martin Schulz.

Questi, sull’onda della delusione, prima ha annunciato di ripiegare all’opposizione dopo gli anni della grande coalizione CDU – SPD e poi, spinto dal Presidente socialdemocratico dello Stato, ha intavolato colloqui con Merkel in vista di una nuova grande coalizione.

Il percorso è  incerto. La socialdemocrazia sconta le riserve di quanti non vorrebbero ulteriormente annacquare il messaggio riformistico e sociale col rigorismo della componente cristiano – democratica bavarese. Schulz non esclude l’appoggio esterno ad un Governo Merkel di minoranza. Una prospettiva che la stessa Merkel disdegna: non sia mai che la Cancelliera non goda di largo sostegno e si rechi a Bruxelles con il condizionamento di un Bundestag ondivago. In Italia parleremmo di governo balneare, solo che il mare di Germania non è proprio adatto alla balneazione.

L’Italia trova la certezza della data delle elezioni generali. Vero è che stiamo in campagna elettorale dal referendum costituzionale del 2016, e dunque il cittadino non avverte la novità di essere presto chiamato ad un’ulteriore espressione di volontà, eppure la scadenza rende il nostro paese oltremodo fragile in Europa. Lo si è notato al Consiglio europeo del 15 dicembre. Emmanuel Macron, ormai “en marche” anche in Europa, invoca una Germania forte, ovviamente guidata dall’eterna Merkel, per guidare insieme il rinnovamento dell’Unione nel quadro vitale dell’eurozona.

Il resto delle politiche può aspettare tempi migliori, occorre mettere subito mano alla madre di tutte le battaglie: al rapporto fra politiche economiche nazionali e politica economica europea. “Peanuts” quali l’istituzione del Ministro europeo delle Finanze, il futuro del Fiscal Compact, l’approccio rigorista o flessibile alle politiche di spesa.

Tutta la strumentazione che ha segnato la nostra vita negli anni della crisi finanziaria, sarebbe messa in discussione nel “master plan” a firma per ora di Macron e poi di Merkel. Sullo sfondo si collocano la nomina del successore di Mario Draghi alla guida della BCE, dove Berlino amerebbe piazzare il Governatore della Bundesbank, e il prossimo insediamento del Presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno.

Pur nell’instabilità, la Germania continua a tessere la tela della politica europea contando sull’asse con la Francia. La convergenza è destinata a rafforzarsi in mancanza della triangolazione col Regno Unito. L’Italia, che dell’Unione è la terza potenza, sta alla finestra. La nostra delegazione al Consiglio europeo non ha potuto che giocare di sponda. Quale impegno può prendere oggi in ordine alla riforma dell’Unione quando nessuno sa quale sarà il verdetto delle urne a marzo? E se uscisse una maggioranza diversamente orientata rispetto al “master plan” franco – tedesco perché intrisa di euroscetticismo o di vaghezza europea? E se addirittura non uscisse alcuna maggioranza?

Siamo abituati a pensare che la nostra forza sta nella nostra debolezza. Quando siamo costretti in difesa, diamo il meglio di noi. Così fu nei Mondiali 2006, così non sarà nei Mondiali 2018. Se non giocassimo neanche alla riforma dell’Unione, allora avremmo di che dolerci. Speriamo proprio di no.

Cosimo Risi

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