Ass. ‘Io Salerno’: ‘Quartiere Fratte: vivere equivale a morire?’

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La matematica non è mai stata il nostro “pezzo forte”. Però alcuni concetti basilari ci erano chiari. Anche perché di utilizzo comune e quotidiano.

Cosi, nella nostra ingenua spensieratezza, ci divertivamo a dimostrare che, per effetto del principio delle semplificazioni, eliminando il prefisso “semi” nella espressione “semi-vivo/semi-morto=0” ne derivava la perfetta equivalenza tra i termini “vivo” e “morto”.

Giochetto che, nella nostra mentalità da sempliciotti, aveva la finalità di dimostrare l’assurdità dei principi matematici. Forse per giustificare il motivo della nostra scarsa applicazione.

Purtroppo, il tempo ci ha dimostrato quanto fossimo in errore. E come quella equivalenza possa essere espressione di verità assoluta quando la complessità dei fatti della vita è affrontata con comportamenti inadatti o insufficienti da parte di chi dovrebbe gestirli.

Oggi, nel quartiere Fratte, pensiamo sia ben possibile sostenere che “vivere” corrisponda a “morire”.

Non solo per la presenza delle Fonderie.

Ne abbiamo parlato per primi, già nel Maggio del decorso anno (salernonotizie.it 10/05/17), reclamando l’avvio di una concreta discussione pubblica su come conferire al quartiere una rinnovata energia, una diversa anima, una nuova onorabilità, in segno anche di RISARCIMENTO per i tanti affronti subiti a causa di decisioni che, nel tempo, hanno convogliato verso quel “collo di bottiglia geografico” tutte le direttrici di traffico, nord-sud ed est-ovest, per le idee progettuali di qualche “scienziato” che si occupò della realizzazione delle opere pubbliche.

Con evidente scempio del territorio e dell’ambiente per i viadotti che passano sopra i tetti delle case, i pilastri infissi nel corso d’acqua, la piazza trasformata in rotatoria spartitraffico, l’assenza di alternativi collegamenti, il deterioramento urbano.

Un decadimento dei luoghi al quale ha fatto seguito il degrado sociale.

Il tutto, peraltro, senza una apparente opposizione da parte dei residenti che, molto improvvidamente, forse accettarono in silenzio tali interventi nella speranza che fossero forieri di favorevoli effetti per l’economia locale.

Ne abbiamo parlato in semitono. Ma, forse, qualcosa si è mosso.

In una riunione di quartiere in data 14/12 del decorso anno, i residenti hanno esposto in modo aperto e franco, alla classe politica presente, tutti i problemi principali del quartiere sollecitando conseguenti decisioni che, oltre a risolvere l’incubo delle Fonderie, fossero idonee a far nascere una nuova speranza in tutta la comunità.

Noi non siamo tecnici, né tantomeno politici e neanche residenti nel quartiere. Ma siamo cittadini.

E in tale semplice veste non possiamo esimerci dal manifestare il nostro pensiero sulle difficoltà del rione, al di là di ogni orientamento o posizione di parte, per contribuire alla ricerca delle soluzioni nell’ambito degli interventi che, come promesso, saranno assunti dalle Autorità responsabili.

Cominciamo dalle Fonderie. Mercoledì prossimo parleremo della riqualificazione.

Con la sentenza del 28/09/17, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di dissequestro emessa dalla Corte di Appello e ha chiesto alla stessa il riesame della vicenda per una nuova pronuncia da formulare alla luce di una necessaria integrazione della documentazione processuale concernente:

  • la non fedele resa cartografica della zona, con esclusione di un fabbricato che occupa il 50% della complessiva superficie aziendale;
  • la omessa valutazione dell’impatto delle emissioni olfattive moleste.

Si sono conseguentemente riaccese le discussioni su una vicenda che, per quanto drammatica nella sua cruda realtà, appare molto prossima ad una telenovela nella quale i protagonisti cambiano e scambiano i ruoli con un susseguirsi di colpi di scena buoni solo ad allungare il numero delle puntate e tenere vivo l’interesse del pubblico. Come le indecisioni di Brooke Logan di Beautiful tra Ridge Forrester e Bill Spencer.

Solo che qui si discute di ambiente e salute, da una parte, e del futuro di 120 dipendenti, con relative famiglie, dall’altra.

Alla luce di tale provvedimento, sembrerebbero rafforzate le attese del Comitato “Salute e Vita”, degli ambientalisti e di tutti coloro che contestano l’insediamento in quanto ritenuto responsabile di inaccettabili condizionamenti sul futuro della comunità.

Noi non siamo così ottimisti.

Preso atto del nuovo passaggio giudiziario e delle osservazioni alla base del rinvio, ci verrebbe da chiedere:

  • quale rilevanza può avere, ai fini del denunciato inquinamento, il fabbricato omesso?

Non sappiamo a cosa ci si riferisca. Ci sembra assurdo pensare che possa trattarsi di un’area produttiva o di deposito materiali, potenzialmente inquinante, poiché i tanti Tecnici, Consulenti e Avvocati non avrebbero potuto  “dimenticarsi” di essa. E, quindi, potrebbe trattarsi di area scoperta a piazzale? Ma se così fosse non produrrebbe effetti sul futuro giudizio. Noi la pensiamo così;

  • quale rilevanza possono avere gli olezzi molesti?

Dovevano certamente essere rilevati poiché anche gli olezzi possono essere pericolosi. Ma possono tutti uccidere come le Pm10? Se così fosse, allora dovremmo chiudere tutta la zona industriale della Città perché il depuratore non rilascia certo odori di lavanda.

Non sono stati rilevati perché ritenuti non pericolosi? Allora non ci sarebbero effetti sul giudizio. Noi la pensiamo così.

In sostanza, noi riteniamo che, con la decisione assunta, la Corte abbia ritenuto sostanzialmente di dover  “responsabilizzare” le parti in presenza di un contenzioso che, dopo molti anni e continui contrasti, ancora non presenta elementi incontrovertibili per l’emanazione di un provvedimento fondato su scienza e conoscenza.

E pensiamo che difficilmente la via giudiziaria possa portare a una qualche decisione. Perché gli interventi sulle strutture produttive possono aver profondamente modificato le iniziali situazioni di rilascio dei fumi inquinanti e perché ciascuna delle parti tutela interessi rilevantissimi, per via dei grandi valori economici e delle forti implicazioni sociali.

La vera e unica soluzione resta la delocalizzazione. Non vorremmo che sia tenuta da parte in attesa di offrirla nel momento in cui matureranno i tempi della convenienza.

Mentre si continua a giocare a tressette. Anche con il “morto”.

Davvero questa Città ha bisogno di amore.

Associazione Io Salerno – Officina di pensiero

(a Mercoledi prossimo)

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  • Non mollate la presa abitanti di fratte e portate avanti questa battaglia per la vita. I lavoratori delle fonderie possono sempre riadattarsi a fare altro (ne gioverebbe anche la loro salute). Per vincere questa battaglia insomma, trovate un modo per reimpiegare gli operai, dategli un nuovo lavoro.

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