Il tema è stato anche al centro di un recentissimo convegno tenutosi a Fossano alla presenza non solo del primo cittadino Davide Sordella e della consorte, ma anche di Vladimiro Zagrebelsky (già giudice della Corte europea dei Diritti umani, ora direttore del laboratorio sui Diritti fondamentali di Torino), Alice Margaria (ricercatrice di diritto di famiglia e diritti umani presso l’Istituto Max Planck di Halle in Germania), Marina Mana e Cristina Ballario, rispettivamente presidente della commissione Pari opportunità e assessore alle Pari opportunità del Comune di Fossano. Nel corso del dibattito, si è fatto il punto sulla situazione normativa italiana oggi che presenta ancora tanti punti controversi da chiarire e che determinano di fatto lo stallo nella legiferazione parlamentare. La pronuncia della Consulta ha infatti stabilito che il solo cognome paterno non è più valore coerente con il principio di uguaglianza tra uomo e donna e, dal giorno successivo alla pubblicazione (28 dicembre 2016), i genitori che lo desiderano possono chiedere di comune accordo l’apposizione del doppio cognome all’ufficiale di stato civile al momento della nascita di un figlio o dell’adozione. In realtà, prima di questa pronuncia, in Italia era già possibile dare il doppio cognome, per ragioni affettive o di gratitudine, ma bisognava inoltrare specifica richiesta al prefetto che, nella sua discrezionalità, decideva, caso per caso, di accettare o rigettare la domanda. Oggi, con la pronuncia della Corte Costituzionale, la pratica dovrebbe essere semplice ed automatica, bastando il solo consenso dei genitori all’atto di registrazione della nascita. Ma, in mancanza della legge in materia, il condizionale è d’obbligo. Il ministero dell’Interno per ora ha inviato solo alcune istruzioni operative e chiarimenti interpretativi all’Anagrafe dei Comuni grazie a due circolari del 19 gennaio e del 14 giugno 2017. Qui è stato chiarito che l’accordo (anche solo verbale) tra i genitori deve essere espresso alla nascita e non più in un momento successivo e che il cognome materno, se presente, deve seguire obbligatoriamente quello paterno. Tanti i nodi che restano ancora da sciogliere: non è chiaro se il bimbo, una volta adulto e genitore a sua volta, possa trasmettere quanti e quali cognomi così come non è stato sciolto ancora il nodo dell’applicabilità alle coppie omosessuali. Altro punto spinoso è la possibilità che il neonato abbia solo il cognome materno, ipotesi non ancora contemplata anche qualora i genitori siano d’accordo La Corte europea, 4 anni fa, aveva infatti condannato l’Italia perchè l’impossibilità di avere il solo cognome materno è discriminazione e lede la vita privata e familiare. “Parlando con alcuni parlamentari – ha aggiunto Zagrebelsky – ho cercato di capire dove si fosse arenata la discussione. Mi è stato risposto che uno dei punti era la scelta dell’ordine, di stabilire che se i genitori non fossero d’accordo, si procedesse in ordine alfabetico. Le posizioni erano così distanti che non si poteva nemmeno iniziare il dibattito e, dall’altro lato, c’è anche chi è fermamente contrario al doppio cognome”. Un’ulteriore riprova che lo scoglio più difficile da affrontare è il cambio di mentalità e l’abbandono di consuetudini patriarcali nella concezione della famiglia. A dimostrarlo anche il fatto che, dopo la registrazione di Deva Sordella Avalle, nello stesso comune di Fossano non sono giunte altre richieste simili. Segno che pure dove le amministrazioni sono pronte, i cittadini lo sono un po’ meno.
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