Donne di America e donne di Francia (di Cosimo Risi)

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A Davos per il Forum Economico Donald Trump arriva circondato dalla  folla di collaboratori e guardaspalle.

Egli è il POTUS, the President of the United States, e merita l’ossequio della gente che, nel caso di Davos, non è gente qualsiasi. Nelle sale dei vari alberghi, nella neve alta così che solo in Svizzera si accumula ai bordi della strada lasciando liberi i marciapiedi, si concentra il fior fiore della ricchezza mondiale.

Uno solo dei presenti vanta un patrimonio che è quanto il PIL di una piccola nazione. Essendo la volta di Trump, la platea ha la benevolenza del caso, ascolta le affermazioni protezionistiche come segno di stravaganza in un mondo che va in altra direzione. Meglio: che è già andato nella direzione della globalizzazione spinta dove gli scambi devono essere liberi.

Il richiamo a America First, ai dazi sulle lavatrici, ai muri, sembrano l’eco nostalgica di chi sogna la vecchia Confederazione degli stati del sud che fu battuta dalla Federazione degli stati del nord.  Persino paesi tradizionalmente chiusi come India e Cina appaiono sfrontatamente liberali a cospetto.

Il mondo torna a guardare alla vecchia Europa come simbolo di equilibrio. L’economia sociale di mercato non è quella formula vuota che ritenevamo all’epoca della grande crisi finanziaria. La Francia riprende a proporre la sua agenda illuministica: laissez faire, laissez passer,  che è la formula vincente nei commerci e nei costumi.

Proprio in materia di costumi la Francia ci offre una lezione di libertà, o di licenziosità a voler essere coerenti col tema. Il lettore ricorderà il caso Weinstein in America: il produttore cinematografico che si avvicinava troppo alle attrici le quali, a distanza a volte di anni dai fatti, denunciavano attenzioni moleste se non ricattatorie. Il caso è stato così pubblicizzato che qualsiasi attrice si è sentita in dovere di ripescare in archivio il ricordo di una molestia, almeno una.

Lo scandalo è stato tale che un gruppo di donne dello spettacolo ha creato l’associazione “MeToo” per chiamare alla pubblica denuncia quante non se la sono sentita di denunciare per vergogna o mera dimenticanza. Sono cominciati a fioccare i casi più disparati.

In Italia c’è finito dentro il regista della Notte prima degli esami. In America lo scandalo ha lambito  Woody Allen, che già in passato la ex moglie Mia Farrow accusò di molestie nei confronti della di lei figlia.

Una ventata di sano moralismo è spirata dall’America all’Europa. Non in Francia. La Francia è sempre refrattaria alle mode made in US. Essendo il solo paese al mondo a pretendere di tradurre in francese la lingua dell’informatica (il PC si chiama logiciel), resiste al moralismo sulla base di una sana e consapevole libidine (Zucchero Fornaciari).

La sana e consapevole libidine, detta con l’eleganza che le è propria, è invocata da Catherine Deneuve. Oui, je suis Catherine Deneuve, come la ricordiamo dallo spot televisivo, già compagna del Principe Marcello Mastroianni (e chi sennò) e madre della comune figlia Chiara, rivendica il diritto dell’uomo a corteggiare anche con una certa insistenza.

Non fino alla molestia né ovviamente alla violenza, ma fino al punto da esercitare una persuasione morale nei confronti della corteggiata. Senza il corteggiamento – argomenta Catherine – saltano certi equilibri sociali che sono la chiave dello stare bene insieme.

Fa eco a Catherine l’altra icona del cinema francese: Brigitte Bardot. La scandalosa BB rincara la dose dicendosi stufa di questa pubblica  lamentazione. Anch’io ai miei tempi subii le attenzioni dei produttori, non me ne lamentavo, voleva dire che piacevo. La Francia è libera, vive la France.

Cosimo Risi

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