A Capaccio Paestum arriva la Bandiera Blu per il quarto anno di fila

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Per il quarto anno consecutivo il Comune di Capaccio Paestum riceve la Bandiera Blu, il riconoscimento assegnato ogni anno dalla Foundation for Enviromental Education (FEE) ai Comuni rivieraschi ed agli approdi turistici per la qualità delle acque e per un’attenta salvaguardia dell’ambiente.

La Bandiera Blu 2018 è stata ritirata stamattina, nel corso della cerimonia ufficiale svoltasi a Roma presso la sede del CNR, dal consiglieri comunale con delega alla Fascia Costiera, Fernando Maria Mucciolo,  e dal dottor Gianluca Volpe, Supporto Tecnico Ambientale dell’Amministrazione per il conseguimento della Bandiera Blu.

«È un grande obiettivo raggiunto grazie a un lavoro sinergico tra Amministrazione, cittadini e operatori turistici, che ci riempie di orgoglio. – afferma il consigliere Mucciolo – Abbiamo ottenuto il massimo punteggio, tutto ciò ci gratifica e ci stimola a lavorare nell’ottica di uno sviluppo ecosostenibile del territorio. Abbiamo intrapreso questo nuovo percorso da ormai un anno e mi piace evidenziare subito la grande collaborazione che c’è stata sia con i cittadini sia con gli operatori del settore che stanno comprendendo gli sforzi che stiamo facendo».

«È un motivo di grande orgoglio ricevere questo riconoscimento nell’anno che vede la Campania, con ben diciotto Bandiera Blu, essere la prima regione del Mezzogiorno e la terza in Italia per mare pulito e salvaguardia dell’ambiente. – commenta il Sindaco, Franco Palumbo – Bisogna continuare il lavoro che si sta facendo, con la collaborazione di tutti, affinché questi risultati così eccellenti e importanti possano migliorare di anno in anno favorendo servizi sempre più efficienti ai nostri cittadini ai nostri turisti. In questa direzione si inseriscono anche le progettualità di riqualificazione per la fascia costiera e il “contributo di soggiorno” che servirà proprio a migliorare i servizi turistici della nostra Città».

3 Commenti

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  • LA GRANDE BUFALA DELLE BANDIERE BLU’.

    Anzitutto i comuni devono candidarsi a ricevere la bandiera blu, e non tutti lo fanno. Poi, tra i requisiti richiesti per ottenere il prestigioso vessillo, l’acqua cristallina non è un imperativo categorico. Tutt’altro.

    Al primo posto, tra i requisiti richiesti, ci sono i progetti di educazione ambientale, seguiti dalla qualità delle acque di balneazione (solo le località le cui acque sono risultate eccellenti nella stagione precedente possono presentare la candidatura), la gestione ambientale (che prevede anche la presenza di spogliatoi e bagni) e i servizi (dal primo soccorso ai servizi per disabili). Criteri che finiscono per privilegiare non tanto le migliori spiagge dal punto di vista della qualità ambientale, quanto i luoghi con i migliori ombrelloni e lettini. Purché ci si possa fare il bagno e l’acqua sia balneabile, con concentrazioni batteriche nella norma. Così, per esempio, la bandiera blu si trova pure a Varazze, dove i palazzoni arrivano vicino alle spiagge (e non è raro trovare il mare cosparso di chiazze marroni appena il mare si agita un po’). E c’è anche Porto San Giorgio, Fermo, dove alla foce del torrente Valloscura Legambiente l’anno scorso ha trovato acqua «fortemente inquinata». La stessa Liguria, tra l’altro, prima in classifica per numero di bandiere blu, è anche maglia nera per numero di reati ambientali legati all’abusivismo edilizio. Qualcosa non torna.

    «I criteri di assegnazione delle bandiere blu non rendono giustizia della qualità ambientale di un territorio», dice Sebastiano Venneri di Legambiente. «È come se entrassimo in un ristorante e valutassimo solo la qualità del servizio, le tovaglie e le posate, ma senza valutare la qualità del cibo». E in questo caso il cibo è il mare. Per assegnare le bandiere blu e valutare la qualità delle acque di balneazione, si usano le analisi delle acque del ministero della Salute, fatte dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. «Un parametro», dice Venneri, «che non dice nulla sulla qualità ambientale del mare. Non vuol dire che sia rispettata la qualità ambientale solo perché il mare rientra negli standard sanitari».

    Senza dimenticare che «le agenzie regionali non seguono standard univoci nell’analisi delle acque», ricorda Giorgio Santoriello, membro dell’associazione ambientalista lucana Cova contro, che da anni conduce indagini ambientali in Basilicata. «E pochissime Arpa in Italia oggi cercano anche metalli pesanti e radioattività». Non solo. Le analisi spesso non vengono fatte alle foci dei fiumi, che sono le zone più inquinate, come testimoniano le procedure di infrazione aperte dall’Unione europea. Una conseguenza diretta della mancanza di un trattamento di depurazione adeguato, che ancora riguarda il 42% degli scarichi fognari del nostro Paese.

    Così, dice Venneri, con le analisi effettuate lungo le coste e «usando la balneabilità come criterio, Jesolo e Pantelleria sono messi sullo stesso piano. È come se una persona è bella solo perché ha gli occhi azzurri. E quindi tutti quelli con gli occhi azzurri sono belli. Non è così. I dati sulla balneazione non sono un’assicurazione di qualità ambientale: altrimenti l’acqua trasparente e cristallina di Ustica, che non è bandiera blu, è tanto balneabile quanto quella torbida di Jesolo, che invece la bandiera l’ha avuta».

    Non solo. Una volta stabilita la balneabilità delle acque, a contare per l’assegnazione delle bandiere blu sono soprattutto i servizi e la gestione delle questioni ambientali da parte delle amministrazioni. Bagnini, accesso per cani e spogliatoi danno da uno a due punti. I livelli di raccolta differenziata possono valere fino a venti punti. Mentre la presenza di componenti biotiche di particolare rilevanza ecologica assegna solo un punto. «E così da anni ci troviamo in testa nella classifica regioni come Liguria e Marche, dove i servizi sono più efficienti ma la qualità ambientale è più degradata. Con forti costruzioni sulla costa e aggressione del paesaggio», dice Venneri. «L’Adriatico, per esempio, è un mare asfittico dal punto di vista ambientale, ma il bagno me lo posso fare tranquillamente». Ed è qui, con le spiagge ben fornite di lettini, ombrelloni e cabine che si concentra gran parte delle bandiere blu.

    Una consuetudine per i comuni costieri che, mantenendo gli standard richiesti dalla Fee, negli anni si sono garantiti le bandiere blu, ottimo strumento di marketing e promozione turistica. Non senza qualche distorsione. Ad esempio, fino al 2008, la normativa vigente prevedeva che le località che per due anni di fila erano risultate molto pulite potessero dimezzare il numero di campionamenti. Il provvedimento però non veniva riconosciuto dalla Fee, per cui per anni le località più pulite d’Italia sono state escluse dalle bandiere blu. Tanto che ci furono alcuni comuni che si autotassarono per fare le analisi aggiuntive. «La consolidata frequentazione ha creato così una geografia delle bandiere blu che si ritrova anche adesso», spiega Venneri, «e che esclude ad esempio buona parte della Sardegna».

    Per tre anni, fino al 1996, anche Legambiente ha collaborato con la Fee per l’assegnazione delle bandiere blu. Poi si è fatta la sua Guida Blu con il Touring Club italiano. E alla fine anche per le spiagge funziona come con i ristoranti. Guida che vai, giudizio che trovi. C’è chi dà i cappelli, chi le stelle. Chi dà la bandiera blu, chi le vele. A seconda dei punti di vista.

    Insomma cari amici impariamo a difenderci dalla falsa propaganda dei comuni e regioni che vogliono molte volte fregiarsi di simboli e riconoscimenti che vengono concessi con criteri non obiettivi ed uniformi validi su tutto il territorio nazionale, basti pensare all’esempio della penisola sorrentina e a Positano, ove nonostante le acque inquinate e scure persiste la bandiera blu’…………………..

  • Attenzione Max…il sindaco Palumbo potrebbe denunciarti per procurato allarme…???

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