Champions: la Coppa è sempre del Real Madrid, battuto il Liverpool 3-1

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Il tripudio finale è sempre in bianco. Cambiano le sfumature, qualche cucitura e qualche ruga in più sul volto dei protagonisti, ma il succo no, quello è “galactico”, quello ha sempre il sapore forte e deciso del Real Madrid. La storia continua ormai da tre anni, monotona nel suo ripetersi, ma allo stesso tempo leggendaria ed esaltante, un collegamento indissolvibile tra la società, la Champions League e Zinedine Zidane, ora ufficialmente nella leggenda anche come allenatore.

La tredicesima del Real è anche la terza di fila come mai nessuno prima, un’impresa fantascientifica ma che di fantasioso ha ben poco. Il resto è merito di un gruppo straordinario, fortissimo e fortunato, che anche grazie alle papere di Karius e all’infortunio di Salah ha saputo ribadire il proprio dominio in Europa.

La sfida dello stadio Olimpico di Kiev ha avuto due volti. La prima parte è durata mezz’ora, fino all’infortunio di Salah dopo un contrasto duro con Sergio Ramos che lo ha messo fuori dal gioco cadendo male sulla spalla (sospetta lussazione e mondiale a rischio). I Reds sono scesi in campo con l’ormai noto pressing offensivo di Klopp a un ritmo infernale sostenuto dal tridente Salah-Firmino-Mané e da una difesa pronta ad accorciare, lasciando ai Merengues poco tempo per ragionare ed imbastire azioni.

Un predominio fisico che non ha portato a grandi occasioni da rete però, limitando Navas a una bella parata su Alexander-Arnold. Poi il fattaccio, l’ingresso di Lallana per l’egiziano seguito pochi minuti dopo dall’infortunio muscolare di Carvajal, e un contraccolpo mentale e tattico che la squadra di Kloppha faticato a digerire fino all’intervallo rischiando il capitombolo in un paio di situazioni.

Nella ripresa invece è successo di tutto con un Real Madrid diverso, più deciso, quasi un remake della finale di Cardiff dell’anno precedente. La traversa di Isco al 48′ su assist tanto involontario quanto goffo di Lallana poteva essere un presagio di sventura, ma a spazzare via ogni negatività ci ha pensato poco dopo – suo malgrado – il fattore Karius. Il 25enne portiere tedesco al 51′ ha combinato un disastro tragicomico facendosi intercettare dal piedone di Benzema il rilancio basso con le mani, trasformando nel vantaggio Real un pallone che più innocuo non si poteva.

Una topica clamorosa, devastante, spiazzante, ma “cancellata” quattro minuti dopo da Mané con la zampata vincente del pareggio sugli sviluppi di un corner. Il decimo timbro per l’esterno di Klopp che vale un consolatorio record: nessuna squadra aveva mai avuto tre giocatori in doppia cifra.

Tutto di nuovo in equilibrio? Nemmeno per sogno, un altro fattore si è abbattuto nella notte di Kiev, inaspettato viste le premesse iniziali: Gareth Bale. Tre minuti dopo l’ingresso in campo al posto di Isco il gallese ha rotto la parità con una splendida rovesciata dal limite dell’area, più morbida di quella di CR7 a Buffon, ma ugualmente efficace e tremendamente importante.

Un colpo in grado di mandare fuorigiri il Liverpool di Klopp, tanto quanto il palo colpito da Mané pochi minuti dopo per una seconda parità che non arriverà mai, anzi. Prendi Karius, aggiungici un sinistro centrale di Bale dalla distanza e la frittata è fatta: palla che scivola via dalle mani del tedesco, seconda papera della serata e doppietta da leggenda del numero undici. Una firma netta e decisa sulla finale, quella che Ronaldo non è stranamente riuscito a mettere a differenza di Zidane. Lui sì, Zizou, che ha controfirmato l’ennesimo trionfo con l’ottava finale vinta su otto disputate. Una macchina.

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