«Mio figlio in clinica grazie ai social». La storia di Donato sul Corriere

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Domenica prossima Donato compirà 25 anni, e sarà il terzo compleanno consecutivo che passerà in clinica. Prima a Imola, poi a Sant’Angelo dei Lombardi, ora a Hochzirl, Tirolo, 16 chilometri da Innsbruck. L’inizio della storia, però, è a Salerno, la sera del 30 gennaio 2016. Donato Lambiasi all’epoca è un ragazzo di 22 anni che vive con la famiglia in provincia di Salerno, a Baronissi, studia all’Università, tifa per la Salernitana e per arrotondare va a consegnare pizze a domicilio con lo scooter. Oggi si chiamano rider, sono ormai una categoria e ancora rivendicano tutele. Lo scrive Il Corriere.it

L’ultima consegna della giornata Donato non riesce a portarla a termine: lungo la strada un’auto lo travolge, l’impatto è violentissimo, il ragazzo vola lontano e poi sbatte a terra. In ospedale gli trovano ossa rotte in tutto il corpo, ma il problema è un altro: il suo cervello è seriamente compromesso.

Ha subito «danni assonali diffusi», recita la diagnosi. Per spiegarlo ai genitori, i medici ricorrono a un esempio molto comprensibile: a causa dell’urto il cervello di Donato ha vibrato a tal punto che è come se fosse stato shakerato. E si sono rotti tutti i collegamenti con l’apparato motorio. «Se sopravviverà, rimarrà per sempre in stato vegetativo», è la sentenza finale.

E invece la forza di Donato e quella di sua mamma Lella Patente hanno cambiato il corso di questa tragedia. Che sempre una tragedia rimane, ma oggi Donato non è un vegetale. Non parla ma comunica, non cammina ma riesce a muovere il braccio e la gamba di sinistra. E riesce pure a mangiare, non ha bisogno di una flebo per alimentarsi. E così ancora somiglia a quel ragazzone che era quando stava bene. Un metro e ottantacinque di altezza, 80 chili di peso.

«Tirarlo su nel letto o sistemarlo sulla sedia a rotelle è una fatica incredibile», racconta sua mamma, che da quella sera di gennaio di due anni fa non si è mai allontanata dal figlio. È stata accanto a lui nelle due cliniche italiane e ora si è trasferita in Austria, dove ha preso in affitto una stanza che da sola le costa 1.500 euro al mese.

Lella ha lasciato il lavoro, dopo essere stata in aspettativa non retribuita, e sta spendendo tutta la liquidazione per le cure del figlio. Perché è vero che Donato ha avuto un risarcimento, ma quei soldi la madre non li può toccare, li gestisce un giudice tutelare, lei è l’amministratrice giudiziaria ma deve chiedere l’autorizzazione anche per spostare un euro.

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