Manovra, emendamento M5s-Lega: tassa su Coca-Cola per rivedere lʼIrap

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Tassare le bevande zuccherate come la Coca-Cola per coprire l’esclusione del regime Irap per le partita Iva fino a 100mila euro. E’ quanto prevede un emendamento M5s-Lega alla Manovra, approvato in commissione Finanze, che dovrà essere esaminato dalla commissione Bilancio. La proposta, a prima firma Carla Ruocco (M5s), prevede come destinazione principale la revisione delle imposte.

Il balzello è già in vigore in altri Stati con il nome di sugar tax. “Allontana da un’idea di crescita”, è il commento di Assobibe, che in Confindustria rappresenta le bevande analcoliche. Dove c’è già la sugar taxLa tassazione delle bevande zuccherate per combattere l’obesità della popolazione, e, in particolare, quella infantile, è già in vigore in alcuni Paesi europei.

A precorrere i tempi fu la Danimarca. Successivamente arrivò la Francia, che introdusse il balzello sui drink zuccherati, la taxe soda, già nel 2012. L’iniziativa fu del governo Sarkozy: in piena austerity furono aggiunti circa 2,5 centesimi di euro di rincaro per lattina. Dal 6 aprile 2018, la tassa è in vigore anche in tutta la Gran Bretagna. La modalità prevede due fasce: una di 18 pence al litro per le bibite contenenti più di 5 grammi di zucchero per ogni 100 millilitri e l’altra di 24 pence al litro per le bibite con più di 8 grammi di zucchero per ogni 100 millilitri.

Negli Stati Uniti è in corso da tempo una vasta campagna contro il consumo di bevande zuccherate considerate una delle principali cause dell’obesità. L’iter italianoL’emendamento, a prima firma della cinquestelle Carla Ruocco e sottoscritto da alcuni deputati leghisti, prevede come copertura principale la revisione delle spese fiscali, ed ha incassato il primo sì della commissione Finanze. Secondo alcune stime si ricaverebbero non più di 200 milioni di euro.

Nel 2012 il governo Monti aveva abbozzato una misura dedicata al cibo-spazzatura, comprendendo, dunque, anche, merendine, patatine, dolciumi industriali confezionati, snack, prodotti da fast food, bibite gassate a zucchero aggiunto e alcolici. Da tempo, comunque, il tema è dibattuto allo scopo di disincentivare gli italiani all’acquisto delle bevande zuccherate e incentivare l’industria alimentare ad abbassare il contenuto di zucchero dei prodotti.

Di recente, poi, era stata inviata una lettera aperta al ministero della Salute promossa dal Fatto Alimentare, con l’adesione della società Italiana Diabetologia (Sid),l’Associazione nazionale dietisti ( Andid), la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps), l’European Childhood Obesity Group (Ecog) e Slow Medicine.

I numeri sull’obesità infantileIn Unione Europea quasi un ragazzo su quattro e una ragazza su cinque sono in sovrappeso o obesi e fino al 7% dei budget sanitari nazionali viene speso ogni anno per malattie legate all’obesità, mentre solo il 3% viene speso per la prevenzione. In Italia per il ministero della Salute un bimbo su 10 sotto i dieci anni è obeso, mentre il 21% è in sovrappeso.

Assobibe: da tassa Coca-Cola scenario di incertezze”La nuova imposta grava sulle imprese che producono e impiegano zucchero in bevande, senza distinzioni tra alcoliche e non”, commenta in una nota Assobibe che denuncia come siano coinvolte molte tipologie di bevande, quali chinotti, acque toniche, cedrate, succo di frutta, aperitivi analcolici, bibite per sportivi…

“Questi prodotti – continua Assobibe che in Confindustria rappresenta le bevande analcoliche – sono già in sofferenza da anni. La ricetta del passato di tassare le imprese che generano valore e occupazione in Italia non è immaginabile in una fase così difficile”.

“Questo approccio, che penalizza i consumatori con prezzi più alti e facilita un’ulteriore contrazione con inevitabili riflessi su occupazione e investimenti, allontana da una idea di crescita. Oggi si decide di tassare alcune imprese che impiegano zucchero, senza un motivo, domani chissà. Questo scenario alimenta un quadro di incertezze già di per sé importante nel nostro Paese”, è la conclusione.

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  • più che una tassa (che detta così sembra persecutoria nei confronti di queste multinazionali) sarebbe opportuna una cosa semplicissima: far pagare l’acqua allo stesso prezzo nostro, o al massimo con un po’ di sconto visti i volumi. Ma attualmente pagano solo pochi centesimi.. in virtù di concessioni date non si sa bene con quale criterio, e soprattutto perchè. Una puntata di Report ha parlato molto bene dell’argomento.. Un comune cittadino non può pagare l’acqua cento volte il prezzo che paga una multinazionale!

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