A 38 anni dal terremoto, un riflessione di don Marco Russo

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Oggi 23 novembre 2018 0ggi 23 novembre 1980

Avrei voluto ma… mi affido a Te

Ai miei amici che furono e che sono, alle ferite mai sanate, alla gioia che hai condiviso con me malgrado… oggi voglio ricordare e far memoria

Continuo dopo tanti anni a parlare a un amico immaginario ma non troppo, al sole che splende ogni giorno, alla luna che rischiara la notte, al fiore che ogni giorno si apre alla luce del mattino, al pianto di un bimbo, al sorriso di una madre, alla lacrima che bagna il volto, al silenzio che ti rimanda la voce del tuo cuore…

Scrivevo ieri ma ricordo oggi.

Lo so, tenersi tutto dentro mentre fuori succede il finimondo non è mai la soluzione giusta, eppur gli amici o presunti tali, mi dicono che vale proprio la pena tenersi dentro le cose, tanto non cambia nulla, anzi sei fastidioso.

Solo che ho pensato: no, non posso, si tratta di una cosa troppo grande, di uomini e donne che per me vogliono dire molto, soprattutto, se non potranno mai parlare.

Ho deciso che no, non mi tengo dentro tutto e scrivo.

Lo so, rinnovare nella memoria il tempo, i volti, le immagini aprono no squarcio, ma poter raccontare le cose, ancora, tutto ciò che sta succedendo di bello e anche di brutto, perché ho capito che ciò che è brutto ci rinforza e ci fa andare avanti con più forza di prima, e ciò che è bello ci apre il cuore e invoglia al buonumore anche gli altri.

Sembra strano, ma quando credi di non aver niente da dire a una persona e poi ti accorgi di non poterle dire più niente, improvvisamente ti tornano in mente mille cose che non puoi più tirare fuori.

Le devi tenere lì, da qualche parte, sperando che alla fine possano uscire.

Si spera di avere tempo. E invece no. E accade che le cose che potevi godere, quelle che potevi amare e quelle che potevi correggere non ci sono più; non c’è più tempo, non ti è più dato tempo.

Guardando non troppo lontano mi fa capire che saperti lì, saperti presente, che ci sei per tutti e ci ascolti ogni volta che ne abbiamo bisogno, ci rasserena e ci rende più forti.

Quante volte mi sono trovato a fare promesse o gridare parole al vento, frasi senza senso, battute che ti ritornano addosso; chi non avrà mai pensato guardando gli anni di una persona cara: ci metterei la firma per arrivare alla tua età; come te, e sappilo: sto ancora cercando questo benedetto foglio da firmare.

Quante volte abbiamo pensato che forse la cosa migliore da fare è star qui, aspettare, piangere se c’è da piangere, ma è solo una pausa, un momento per prendere fiato, e con quanto vissuto e sperimentato riprendere il cammino.

A volte ci ritroviamo a piangere su ciò che è già passato. Però sempre carico di pazienza e pronto a vivere un altro giorno.

Chi lo avrebbe immaginato. Tanti diranno io sì; io mi sento di dire no, non avrei mai immaginato un mondo da me abitato dove il benessere non ci sarebbe stato per tutti, niente lavoro per tutti, una casa per tutti, tutti con quanto di più si poteva immaginare. Siamo arrivati ad avere due telefonini, tre televisori, due macchine, viaggi, e poi la notizia che non ti aspetti: drastica riduzione di personale… la crisi della Fiat… e la vendita di armi… la guerra… tutte queste cose messe insieme danno un solo risultato: crisi, profonda crisi, cui si aggiunge il dispiacere per la presenza nella lista di molti amici che resteranno a casa.

Domande che da qualche tempo mi pongo e che non hanno, a oggi, una risposta:

Come potranno continuare a vivere le famiglie con il mutuo contratto, quei tantissimi che hanno creduto in questo benessere inesauribile? Perché un lavoratore dovrebbe oggi decidere di lavorare con una ditta a rischio di chiusura per mancanza di risorse economiche? La crisi che morde e il cambiamento dello scenario globale con l’avvento di un mondo nuovo che chiede spazio, che rivendica benessere…

Potrei finire dicendo che tutto questo è molto deludente, vedere la grande Illusione Italiana, Europea, Mondiale ridotta in questo modo, in uno stato che, nonostante la mia intuizione di 38 anni fa, non avrei mai immaginato.

Potrei, mi ripeto, ma altrettanto cerco di dare una risposta: non posso pensare che tutto questo sia l’uomo, no, non posso pensare che l’uomo possa fermarsi, arrendersi; no, non posso pensare che questo sia l’uomo che il Signore dei Signori è venuto a salvare.

“Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l’ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace” scriveva Sant’Agostino nelle sue “Confessioni”.

Quanto accaduto ad Agostino possa essere l’augurio da fare all’umanità intera, che l’uomo torni a Dio, che gusti la sua presenza e ne possa sentire sempre fame e sete. Ritornando a Dio, l’uomo ritornerà a essere quell’immagine molto buona che Dio impresse in lui nell’atto creativo, e il cristiano vivendo in comunione s’impegna affinché a nessuno possa mancare il necessario.

Ho condiviso, ho di nuovo versato una lacrima, guardando te, uomo, oggi ti chiedo di non cancellare, non voltare pagina, fai memoria e dai te stesso perché questo mondo ha bisogno anche di te.

Marco ieri seminarista

Marco oggi Sacerdote e tuo fratello

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