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Lambiase sul nuovo Puc: «Strumento ambiguo e difforme dalla Legge Urbanistica regionale»

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Più si analizzano gli elaborati del progetto di revisione decennale del Piano Urbanistico Comunale, e più la proposta (approvata dalla Giunta Comunale il 13 dicembre 2018) appare incoerente, insensata ed in contrasto con la Legge Urbanistica Regionale 16/2004.

La Legge Regionale,  che detta norme e criteri per la redazione degli strumenti urbanistici, viene ”trascurata” in modo tale da far crescere il dubbio di legittimità dell’atto.

Nel nuovo Piano, infatti:

–           si conferma (rispetto al 2007) la costruzione di migliaia di nuovi alloggi , sebbene si registri un forte “invenduto” delle case nuove già realizzate (circa 6.000), sebbene sia noto il notevole decremento della popolazione (in dieci anni 20.000 abitanti in meno);

–           il dimensionamento dei “nuovi volumi residenziali” da realizzare non considera l’enorme numero di “case vuote” esistenti nel patrimonio antico e storico (oltre 5.000), disponibili per soddisfare il fabbisogno abitativo;

–           si è tralasciata la stima di 500 alloggi realizzati, oltre le previsioni dello stesso PUC,  ai sensi della Legge Regionale 19/2009, il cosiddetto “Piano Casa”;

–           mentre si riduce di 231.000 mq.  la dotazione di standard (esistenti e di progetto), non si tiene conto dei cambi di destinazione d’uso ed aumento dei volumi (+35%), ai fini residenziali e/o turistico-ricettivi , che diventano possibili con la nuova normativa in ogni quartiere della città “già costruita”;

–           è  assolutamente carente la pianificazione dei nuovi “sistemi di mobilità di beni e persone”, come richiesto dall’art.23 comma2 lettera g;

–           si ignora la “tutela e valorizzazione del paesaggio agrario”, come prescritto dall’art.23 comma2 lettera h, perché viene introdotta una paradossale norma che consentirà a qualsiasi imprenditore privato di investire in “attrezzature di interesse collettivo” (cliniche e impianti ludico-culturali-sportivi privati), utilizzando anche le aree agricole a fini edilizi;

–           non c’è alcun aggiornamento  degli “Atti di programmazione” (previsti dall’art.25) , che disciplinano gli “interventi di riqualificazione e di nuova edificazione … da realizzare nell’arco di tre anni”, “… la determinazione delle opere di urbanizzazione da realizzare o recuperare … la quantificazione degli oneri finanziari …“  e l’indicazione de “le fonti di finanziamento”.

Questi ultimi dieci anni sono stati caratterizzati dalla cementificazione incontrollata di suoli, anche distanti dal centro abitato, che sono rimasti carenti di “servizi e reti primarie” per indisponibilità di fondi pubblici. Il Comune inoltre è proprietario di 400.000 metri quadrati di terreni (aree di compensazione acquisite gratuitamente dai costruttori-lottizzatori), utili a dotare di standard  i rioni cittadini, ma non ha impegnato un euro per “attrezzare” tali aree.

Il Dm 1444/68, invece, obbliga i Comuni a garantire  a tutta la popolazione una dotazione minima di standard. Gli standard non vanno solo “immaginati su carta”, ma realizzati!

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