La spia che mi amava… e registrava (di Cosimo Risi)

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Più volte abbiamo scritto di John Le Carré come del migliore romanziere in circolazione e non solo del genere, la spy story, di cui è maestro indiscusso. A leggere la storia di Heinz-Christian Strache, già Vice Cancelliere di Austria ed esponente della destra sovranista dura e pura e ovviamente onesta, sembra di seguire una trama che Le Carré non ha scritto ma potrebbe scrivere.

La storia è questa. L’integerrimo austriaco, assieme ad un sodale sovranista, si reca a Ibiza, nella villa di una sedicente ereditiera russa e sedicente amica del Presidente Putin. L’ereditiera intende investire soldi pesanti in Austria, necessita di politici ambiziosi quanto amanti del fare che siano pronti a oliare i meccanismi. I due si mettono a disposizione.

I soldi sono soldi, servono al bene della patria: per combattere i liberali ed i sinistri, colpevoli di voler annacquare la purezza nazionale con dosi di europeismo e, giacché ci stanno, di mescolanza con gli immigrati.

L’ereditiera registra le dichiarazioni dei due e anche certi loro comportamenti non proprio in linea con lo slogan dio – patria – famiglia. Inevitabile sospettare il trittico alcol – droga – sesso.

A ripescare nel bagaglio della memoria, una lezione impartita dall’Istituto Diplomatico alle matricole del servizio era di guardarsi dalle donne dell’Est una volta assegnati nei paesi oltre-cortina, quelle erano capaci di inguaiarti se non collaboravi. La maliarda che ti affascinava era un’agente sotto copertura e tu lo scoprivi a gioco fatto.

Strache è costretto alle dimissioni dal Cancelliere Sebastian Kurz. Quest’ultimo, partito anch’egli dal sovranismo per prenderne le distanze essendo stato redarguito da Angela Merkel che sull’europeismo non le manda a dire, scioglie la coalizione con la destra di Strache e chiede al Capo dello Stato di indire nuove elezioni in estate.

L’antieuropeismo moralistico  mostra la corda,  al mondo c’è sempre qualcuno più morale e giacobino di te, la ghigliottina finisce per decapitare pure l’inventore.

Nigel Farage si presenta alle elezioni europee a capo del Brexit Party, un assembramento di brexiters creato per lucrare sul sentimento dei Britannici che, avendo votato nel 2016 per uscire dall’Unione, ci stanno ancora dentro nel 2019. La massa dei delusi sarebbe imponente a destra e sinistra, tant’è che il Brexit Party è accreditato dai sondaggi attorno al 30%.

Gli elettori si trovano di fronte all’ennesimo raggiro. Stanno per eleggere parlamentari che faranno appena a tempo ad entrare in carica. Il 31 ottobre 2019 è il termine ultimo del recesso del Regno Unito e pure la conclusione del loro mandato a Strasburgo.

In pochi mesi essi lucreranno indennità e benefici della carica, in questo buoni emuli dello stesso Farage, che è euro-deputato uscente e strenuo difensore dei privilegi del rango. Un parlamentare che sfrutta il seggio per contestare alla radice l’esistenza dell’Unione. Una volta si sarebbe chiamato “entrismo”, ora è profittare delle regole della democrazia per svuotarla dall’interno.

Giorgio Napolitano, con la solita sobrietà di linguaggio, svela l’inganno dei sovranisti. Venditori di illusioni, ignari dei fatti della vita. Dimentichi  che il processo d’integrazione europea nacque sulle scorie della Guerra Mondiale e del lascito dei regimi fascista e nazista. La Comunità fu costituita a salvaguardia della pace del Continente e  antidoto al ritorno degli autoritarismi.

Certo – riconosce il Presidente emerito – una revisione andrebbe fatta. Nella politica estera perché sia finalmente comune. Nelle politiche migratorie perché nessuno resti col cerino acceso in mano. Nelle politiche fiscali a fini di equità. Molto lavoro davanti a noi, a condizione di essere convinti che la via dell’integrazione è senza ritorno.

Cosimo Risi

1 Commento

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  • la Sua conoscenza dei sovranisti forse è limitata alla frequentazione dei peggiori bar di bruxelles.
    una persona colta e di larghe vedute dovrebbe informarsi.
    buon giorno

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