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La madre che ostacola il rapporto del figlio col padre commette reato

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La madre che ostacola e impedisce i rapporti del padre con la figlia, violando quanto è disposto nella sentenza di separazione, è colpevole del reato di cui all’art. 388 c.p. Con questa recente sentenza (n. 23830/19) la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da una madre, confermandone la condanna, ritenendola responsabile del reato di cui all’art. 388 c.p. ; a tal proposito afferma la Suprema Corte che eludere i provvedimenti del Tribunale, impedendo qualsivoglia rapporto relazionale tra la prole ed il genitore non collocatario significa “frustrare e rendere vane le legittime aspettative dell’altro genitore anche mediante una mera omissione”.

Ribadisce ancora una volta la Cassazione che il genitore affidatario ha il dovere di favorire gli incontri tra padre e figlio, poiché entrambe le figure genitoriali sono fondamentali per una sana ed armoniosa crescita della prole. Pertanto ostacolare le relazioni tra il padre e i figli a tal punto da sopprimere ogni legame tra gli stessi, può avere serie e gravi ripercussioni sull’equilibrio psichico del minore e sulla sua sana crescita affettivo—relazionale.

Nel caso in esame la madre aveva disatteso la sentenza di separazione che prevedeva incontri protetti con cadenza bisettimanali tra la figlia ed il genitore non affidatario. Ed infatti i servizi sociali avevano spesso denunciato la mancanza della necessaria collaborazione della madre che non era per nulla disponibile a favorire tali incontri, ma che aveva addirittura deciso unilateralmente di interromperli, ostacolando il lavoro dei servizi sociali, impedendo la ripresa dei rapporti tra padre e figlia, benché le fosse stato rammentato l’obbligo di ottemperare ad un ordine del giudice sancito in sentenza. La madre, altresì, con una condotta manipolativa, aveva influenzato la figlia che, senza alcun motivo, presentava reazioni di chiusura nei confronti del padre, che si rifiutava di incontrare, manifestando nei suoi confronti astio ed avversione immotivati.

Già la Cassazione, sesta sezione penale, precedentemente si era pronunciata in maniera conforme a tale decisione con la sentenza n.1748 del 16 gennaio 2018, sostenendo che in tema di affidamento dei figli minori, l’art. 388 del codice penale punisce quelle condotte che costituiscano consapevole elusione del provvedimento del giudice, ovvero quei comportamenti che rendano vane le legittime pretese altrui e pertanto integra una condotta elusiva dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento di minori, rilevante ai sensi dell’art. 388 secondo comma, anche il mero rifiuto di ottemperarvi da parte del genitore affidatario, quando l’attuazione del provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione.

E ancora afferma che “il genitore affidatario è tenuto a favorire, a meno che sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, il rapporto del figlio con l’altro genitore, e ciò proprio perché entrambe le figure genitoriali sono centrali e determinanti per la crescita equilibrata del minore”.

Anche dello stesso indirizzo è la sentenza della Suprema Corte , sesta sezione penale, n.12391/2016 che sostiene che “Ostacolare gli incontri tra padre e figlio, fino a recidere ogni legame tra gli stessi, può avere effetti deleteri sull’equilibrio psicologico e sulla formazione della personalità del secondo”.

È importante che i genitori non si lascino travolgere nel vortice di una aspra conflittualità, coinvolgendovi i figli e usandoli come strumenti di belligeranza , cercando di manipolarli a proprio comodo. Bisogna che mettano da parte asti e rancori e, in maniera responsabile, continuino a fare i genitori, prendendosi cura della prole in maniera coscienziosa e consapevole, in modo da adempiere al loro dovere di crescere i figli accuditi , amati e assistiti da entrambe le figure genitoriali.

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