Ex rugbista eroe, si tuffa in mare e salva padre e figlia

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Marco Neethling come Filippo Magnini. E anche se non è un campione del mondo di nuoto, l’ex rugbista del Verona è riuscito a salvare la vita ad un papà e alla sua bambina che rischiavano di annegare nelle acque agitate di Cala Sinzias, nella zona sud della Sardegna. La stessa località dove due settimane fa Magnini ha soccorso un turista colpito da un malore.

Ieri è toccato a Neethling, ex rugbista di origine sudafricana ma veronese d’adozione, visto che ha giocato per tanti anni con la principale formazione di rugby cittadina, lasciata poco più di un anno fa: ma a Verona ha deciso di stabilirsi, vive con la sua fidanzata Serena e si occupa di vendita di vino.

«AIUTO, AIUTO!»

È in vacanza a Villasimius con lei e altri amici, e ieri il gruppo aveva deciso di provare Cala Sinzias, a Castiadas. Ma il mare era agitatissimo a causa del vento grecale, e c’era la bandiera rossa che vieta ai bagnanti di entrare in acqua: ma nonostante l’avviso diverse persone erano in acqua verso la tarda mattinata. «Eravamo dietro le rocce per cercare di ripararci dal vento che era fortissimo», racconta Meethling a poche ore dal salvataggio, «ad un certo punto ho visto una signora che correva vicino all’acqua gridando «aiuto, aiuto»: ho guardato in mare e ho visto un papà con la sua bambina in grande difficoltà. Erano lontani, le onde li avevano trascinati a circa 150 metri dalla riva».

Il mare è burrascoso, anche i bagnini si rifiutano di entrare in acqua. Lui no. «Non ci ho pensato un attimo, mi sono buttato e li ho raggiunti anche se non è stato facile», continua l’eroe di giornata, «quando sono arrivati da loro il papà mi ha praticamente lanciato la bambina, me la sono messa sulla schiena e cercavo di tenerla su, con l’altro braccio aiutavo lui a stare a galla».

«DOVEVAMO RESISTERE»

Sono attimi decisivi, e ogni secondo diventa lunghissimo. «Ho cercato di tranquillizzare l’uomo, loro erano della Repubblica Ceca e non capivano l’italiano, io per fortuna sono madrelingua inglese e allora ho usato quello. Dovevamo stare lì e resistere, non potevamo rischiare di muoverci ma non arrivava nessuno». Passano 10 minuti, forse 15. I più lunghi della sua vita. «I bagnini non entravano in acqua, mi hanno riferito che dicevano alle persone “perchè lì si muore”, poi ho visto uno che faceva kitesurf e ho iniziato a gridare forte con tutto il fiato che avevo», va avanti l’ex rugbista 34enne, «si è avvicinato, era spagnolo e non capiva, ma quando si è allontanato l’ho richiamato: ho caricato sulla sua tavola il papà e la bambina – che ha sette anni – e li abbiamo portati verso la riva. La piccola aveva già le labbra blu, ma quando sulla spiaggia si è ripresa subito».

«HO AVUTO PAURA DI NON FARCELA»

Ma non è tutto, perchè Marco ha anche aiutato un turista belga che era vicino agli scogli, mentre un ingegnere di Cagliari esperto nuotatore avrebbe aiutato altri due bagnanti in difficoltà. «Ho avuto paura di non farcela, ma quando ho visto la bambina non ho pensato più a niente, solo a tuffarmi e ad andare a prenderla.

Sulla spiaggia i suoi genitori mi hanno abbracciato tra le lacrime, ringraziandomi per avergli salvato la vita. Poi abbiamo bevuto una birra insieme, e mi hanno invitato a Praga».

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