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Uccise un pastore a colpi di pistola a Giffoni: arrestato l’autore dell’omicidio

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Fu Bruno Di Meo ad uccidere lo scorso 23 aprile Domenico Pennasilico, in un agguato nelle campagne di Giffoni Sei Casali, zona Cerzoni, in cui il pastore si era recato con il figlio Generoso per recuperare dei capi di bovino che pascolavano.

Alla base del delitto ci sarebbe un litigio tra le due famiglie di pastori per motivi di pascolo, sfociando nell’uccisione di Pennasilisco. Le indagini – scrive l’Occhio di Salerno – non sono terminate. Di Meo potrebbe aver avuto dei complici.

Pennasilico fu colpito da un proiettile di fucile alla gamba. Il proiettile recise l’arteria femorale, provocandone il decesso in breve tempo nonostante il figlio, che era con lui, avesse chiamato subito le forze dell’ordine.

IL FATTO.

Ieri sera 18 settembre i Carabinieri della Compagnia di Battipaglia hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Salerno su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di Bruno Di Meo  classe ’96, pastore, residente a Giffoni Valle Piana. L’accusa è di tentato omicidio, concorso in omicidio volontario e porto ingiustificato di arma da sparo.

Il provvedimento è stato chiesto ed emesso in relazione all’omicidio di Domenico Pennasilico ed al tentato omicidio del figlio Generoso Raffaele Pennasilico, avvenuto in zona “Cerzoni” nell’agro del comune di Giffoni Sei Casali, nel primo pomeriggio del 23 aprile scorso. La vittima si trovava con il figlio nella predetta località per recuperare alcuni bovini allontanatisi dalla zona di pascolo normalmente da loro utilizzata, quando improvvisamente vennero esplosi contro suo figlio due/tre colpi di arma da fuoco da parte dell’arrestato.

Quasi contemporaneamente, a breve distanza, Domenico Pennasilico veniva colpito da un primo colpo di fucile, caricato a pallettoni, da altri complici come riferito dalla vittima al figlio Generoso Raffaele in una concitata telefonata nel corso della quale lo avvisava di mettersi in salvo.

La vittima fu ritrovata morta qualche ora dopo nei pressi di un torrente ai piedi di un dirupo. Il figlio Generoso Raffaele, invece, grazie ad una maggiore agilità dovuta alla giovane età, rimasto incolume durante l’agguato, chiamò subito i soccorsi e le Forze dell’Ordine segnalando appunto che il padre era rimasto vittima di un agguato, che era ferito e non riusciva più a mettersi in contatto con lui. Il corpo di Domenico fu ritrovato poche ore dopo dai militari giunti sul posto e fu recuperato grazie all’intervento di una squadra del soccorso alpino dei vigili del fuoco.

In sede di visita esterna ed esame autoptico venne accertato che la vittima venne colpita da almeno due colpi: il primo lo colpiva alle gambe ed al gluteo sinistro immobilizzandolo, il secondo letale ed esploso ad una distanza ravvicinata di un metro e mezzo, lo attingeva in regione dorso lombare causando lo sfacelo degli organi interni e vitali ed in particolare del parenchima-splenico e polmonare.

Le indagini
Le indagini si sono indirizzate subito sull’indagato Bruno Di Meo riconosciuto dal giovane figlio di Pennasilico come colui che, tendendogli un agguato, gli aveva esploso contro due o tre colpi di pistola tentando di ucciderlo. Ulteriori decisive fonti di prova sono emerse dall’analisi dei tabulati telefonici e dalla registrazione della telefonata al 112 che hanno confermato il resoconto di Generoso Raffaele anche in relazione all’omicidio del padre.

 

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