9 novembre 1989 – 9 novembre 2019: trenta anni dalla caduta del Muro

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Il Muro è quello, storico, di Berlino. Costruito nel 1961 per separare le due Germanie, cadde sotto i colpi della crisi della Germania Est, crisi innestata dalla svolta avvenuta in Unione Sovietica.

Facciamo un passo indietro rispetto al fatale 1989. Nel 1985 Mikhail Gorbaciov è eletto segretario generale del PCUS, la massima istanza dell’Unione Sovietica, di cui diverrà Presidente nel 1990. Lancia una politica di riforme per modernizzare l’economia e aprire la politica. Le sue parole d’ordine sono: perestrojka (ristrutturazione) e glasnost (trasparenza).

Si rivelano due medicine troppo dure per il corpo sovietico, spossato da anni di arretratezza economica e dalla guerra in Afghanistan, dove l’Armata Rossa è costretta allo stallo dai mujaheddin, gli antesignani dei futuri combattenti islamisti, finanziati e protetti da America e Arabia Saudita in chiave anti-comunista. In Afghanistan comincia a brillare la stella di Osama Bin Laden, il regista degli attentati dell’11 settembre 2001: il protetto che si rivolta contro il vecchio protettore.

Gorbaciov agisce a raggiera. Ritira l’Armata Rossa dall’Afghanistan, da una campagna inutilmente costosa e persa in partenza, prima dei Russi era stato il turno dei Britannici e ora dell’Alleanza occidentale a guida americana. Inaugura una politica bilanciata di disarmo cogli USA. Avverte i paesi europei satelliti che il Patto di Varsavia, già peraltro in crisi d’identità, non interverrà a sostenerne i regimi: che i partiti al potere pratichino una strategia di riforme sul modello moscovita.

Il modello ha però vita breve. Nel 1991, a seguito di un tentato golpe a Mosca, Gorbaciov conserva un potere fittizio che gli viene completamente eroso dalle principali repubbliche sovietiche. E’ l’implosione dell’URSS, la bandiera rossa è ammainata dal tetto del Cremlino e sostituita dalla bandiera di Russia.

Alcuni raccolgono l’invito con moderate aperture: è il caso dell’Ungheria. La Polonia, con l’azione di Solidarnosc e del Pontefice polacco, persegue una sua via alle riforme. La Germania Orientale di Erich Honecker resta sorda all’invito. Non sono sordi i giovani e quanti vedono nella vicina parte occidentale il sogno da realizzare al più presto. Cresce la pressione per un cambio radicale della politica.

Appena l’Ungheria rimuove la barriera con l’Austria, migliaia di tedeschi orientali si riversano nella vicina Repubblica amica per passare nel mondo libero. L’attesa è tale che il Ministro degli Esteri tedesco Hans – Dietrich Genscher può annunciare che d’ora innanzi il transito sarà libero. L’ingresso nella Germania Federale è possibile.

La caduta del Muro è l’inevitabile conseguenza. Prima viene scavalcato senza che la temibile polizia di frontiera intervenga. Poi viene smantellato pietra dopo pietra, i frammenti diventano reliquie da conservare in salotto a memoria del tempo andato.

La storia si accelera. Nel 1990 le due Germanie si unificano, ovvero la Germania Occidentale consuma una pacifica Anschluss dell’Orientale. Si formalizzano i confini con la Polonia. La Germania unita riceve il via libera da Mosca per aderire alla NATO.

I riflessi sull’allora Comunità europea sono immediati. L’asse franco – tedesco, plasticamente rappresentato dalla coppia Helmut Kohl – Francois Mitterrand, prospetta che l’Europa abbia una voce unica sulla scena internazionale: per essere interlocutore credibile nei confronti dei paesi orientali usciti dal comunismo e della Russia, che dell’URSS è l’erede principale.

Il Trattato di Maastricht (1993) trasforma la Comunità europea in Unione europea. Codifica la politica estera, di sicurezza e difesa comuni, la clausola necessaria a dotare l’Unione di profilo internazionale. Segue.

di Cosimo Risi

 

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