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L’inciviltà diffusa e il tentativo di imporre il silenzio (di G. Fauceglia)

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Il dialogo tra chi scrive ed i suoi lettori resta un elemento importante per chi ha a cuore la democrazia e deve farne oggetto di riflessione.

La condizione, però, è che questo dialogo avvenga nella correttezza, nel rispetto e, se possibile, in un contesto di pur minima competenza in ragione di quanto si discetta.

Non è così per l’esercito degli anonimi leoni che agitano la loro rabbia sul web: tra i tanti commenti degli oscuri eroi della tastiera  si trovano opinioni preconcette, intrise da quel veleno che qualcuno ha iniettato negli anni passati nelle vene degli italiani, al quale può farsi risalire il disastro che il Paese sta oggi vivendo.

Si tratta di un vero e proprio esercito di sconosciuti, pronto a contrastare, senza argomenti, quelle opinioni che non si ritengono conformi alle proprie. E’ evidente che il tentativo perseguito con una certa caparbietà è di imporre il silenzio, e questo ci farebbe scivolare verso forme di autoritarismo, le quali restano il sostrato  delle ideologie che si affidano all’illusione che il popolo possa esercitare il potere in via diretta e senza la mediazione di una classe politica con competenze adeguate (incerte, per altro, nell’attuale contesto).

In merito, andrebbe richiamata, invece, la necessità che il riscontro delle argomentazioni ritenute non condivisibili avvenga sulla base di una qualche, sia pur minima, conoscenza di ciò che si intende discutere.

Mi sono, così, trovato a leggere un commento che mi ha definito “professorino”, non conoscendo l’anonimo tastierista che il termine, nell’accezione nobile, venne riferita nella metà degli anni ’50 dello scorso secolo, a professori universitari impegnati in politica, come Giuseppe Dossetti e Amintore Fanfani, che contribuirono a cambiare il volto ed il ruolo della Democrazia Cristiana. Di questo appellativo, che il commentatore vorrebbe connotare con qualche non nascosta vena negativa, resto ovviamente fiero, proprio per gli illustri precedenti.

Vorrei, però, svolgere altre considerazioni, che trovano il precedente in un interessante articolo di Ernesto Galli della Loggia, pubblicato su “Il Corriere della Sera” (“L’inciviltà diffusa (e nessuno se ne occupa)”), per sottolineare che la vita sociale moderna rende sempre più evidente una maleducazione diffusa, e la solitudine reale degli individui moltiplica sterili contatti interpersonali nascosti dall’anonimato del web.

Da ciò discende un istinto malcelato di sopraffazione, il disprezzo delle altrui opinioni, l’assenza di qualsiasi disciplinamento sociale fondato sulle regole del confronto e della democrazia.

La dovuta considerazione verso le altrui opinioni, personalmente, l’ho appresa nel piccolo paese in cui sono nato e in cui ho vissuto la mia adolescenza: quando gli anziani “parlavano” vi era il gusto di ascoltarli e di comprenderli, era innata una certa forma di rispetto che si manifestava in piccoli gesti (come svolgere compiti e servizi, del cui incarico si andava fieri).  In un mondo come quello in cui stiamo vivendo, si tratta di sentimenti considerati antichi e vetusti, ma senza quei sentimenti non può esservi alcuna speranza nel futuro.

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