Il miliardario più vecchio del mondo ha 101 anni, ecco la sua storia

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La parola “noia” non ha mai trovato spazio nella lunga vita di Chang Yun Chung. Un concetto che vale ancora oggi per il miliardario più longevo del mondo che di fermarsi proprio non ne vuole sapere. A 101 anni la sua routine quotidiana è ancora quella di andare in ufficio tutti i giorni perché, spiega in una rara intervista concessa alla CNBC, “è il mio habitat. Non posso stare a casa. Sarei molto, molto annoiato”.

Una sensazione che sembra proprio non riuscire a insinuarsi nell’incredibile storia di un ultracentenario che prima di essere un miliardario è stato in prigione per un anno e ha dovuto affrontare la morte del padre ucciso dalla Kempeitai, la tremenda polizia militare dell’esercito imperiale giapponese tra la fine dell’800 e la fine della Seconda Guerra Mondiale.

L’inizio della storia di Chang Yun Chung va ricercato nella prima parte del ‘900 quando, come racconta a Chew Melanie nel libro del 2015 “Leaders of Singapore”, nasce a Quemoy, più conosciuta come Kinmen, una piccola isola a pochi chilometri dalla città di Xiamen, nella Cina meridionale. Distanza ravvicinata che permette a Chang di frequentare le elementari a Quemoy e il liceo a Xiamen.  Con lui ci sono altri cinque tra fratelli e sorelle, all’interno di una famiglia a cui non manca nulla, ma che non si può definire ricca.

Quello che invece rischia di mancare all’improvviso è la libertà: il Giappone invade la Cina nel 1937 e la prima isola a essere occupata è proprio quella di Quemoy, con tutta la famiglia costretta a raggiungere a Singapore il padre, già spostatosi un paio di anni prima per motivi legati al suo lavoro di praticante della medicina tradizionale cinese.

Nel 1940 i genitori mandano Chang da uno zio materno che si occupava di vendere prodotti che portava in barca da Sumatra a Malacca, città della Malesia sud-occidentale. Le prime piccole lezioni pratiche di business nascono qui, perché il padre manda alcuni soldi al figlio che li investe in una piccola compagnia fondata con lo zio per la gestione di quei prodotti che sarebbero poi stati venduti. La lunga mano giapponese arriva però anche a Malacca nel 1941, con Chang che rischia una prima volta l’arresto.

Decide allora di andare a Singapore dal padre, ma quando arriva scopre da alcuni vicini che l’uomo è stato catturato dalla Kempeitai e ucciso nella prigione di Changi. Tornato a Sumatra, Chang prosegue l’attività commerciale con lo zio, prima di essere a sua volta catturato nel 1944 perché aveva chiesto cibo e medicine a membri della resistenza cinese che si batteva contro l’occupazione giapponese.

Chang ricorda bene i giorni della sua prigionia, durata un anno fino alla resa del Giappone: “Mi hanno torturato per un giorno, sperando di ottenere informazioni da me. Hanno usato la tortura dell’acqua inserendomi un tubo nella gola. Ma ho deciso che non avrei detto nulla anche se mi avessero picchiato a morte”.

Per rendere la sua detenzione il più vivibile possibile la madre di Chang corrompe il capo locale della Kempeitai dandogli tutto quello di cui è in possesso: gioielli, l’auto di famiglia, ogni bene è sacrificato pur di non dover perdere un figlio come già successo con il marito.

Chang non ha dubbi nell’ammettere che se non fosse stato per la madre sarebbe stato certamente ucciso in quella prigione. Terminata la guerra nel 1945 la destinazione di Chang è Singapore dove avvia una prima attività personale che però fallisce e lo porta a iniziare a lavorare per la Kie Hock, compagnia di spedizioni, come General Manager grazie alla conoscenza del capo dell’azienda.

La nuova e definitiva avventura personale nel mondo del business delle spedizioni marittime inizia nel 1967 con la fondazione della Pacific International Lines (PIL) che all’inizio contava su due imbarcazioni di seconda mano e che negli anni gli ha fruttato un patrimonio che oggi è stimato in 1,6 miliardi di dollari.

Sempre in “Leaders of Singapore” Chang racconta, a distanza di anni, le sue sensazioni riguardo quella compagnia da lui fondata: “Mi sentivo abbastanza fiducioso sul fatto che avrebbe avuto successo, avevo molti amici che volevano unirsi a me, quindi sono stato attento a scegliere i partner che mi avrebbero aiutato nella mia attività”.

Un successo che Chang ha voluto vivere al comando della sua azienda per 51 anni filati, prima di cedere la sua posizione di leader nel 2018 a uno dei suoi 14 figli, Teo Siong Seng, mantenendo comunque la presidenza emerita della PIL. Teo che continua ad affidarsi ai consigli e all’esperienza del padre ultracentenario, incontrandosi con lui due volte al giorno per fare il punto della situazione: al mattino e subito dopo pranzo.

“Ogni giorno scrivo tutte le mie attività nel mio diario, tutto” spiega ancora Chang alla CNBC, dopo un lungo viaggio, anzi navigazione, che ha portato la sua PIL ad avere oltre 18mila dipendenti e ad essere ancora nel 2018 nella top ten delle più grandi compagnie di spedizioni via mare che esistano al mondo, con una flotta composta da 180 navi.

Fonte Forbes

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