La scoperta potrebbe portare allo sviluppo di farmaci per l’infarto, ma soprattutto di un vaccino preventivo per gli individui a rischio.
“Siamo partiti dall’intuizione che alcuni batteri intestinali potessero avere un ruolo nello sviluppo dell’infarto – spiega in un’intervista all’ANSA Violi -; da qui abbiamo avviato uno studio che è durato oltre 4 anni e scoperto che i pazienti con infarto acuto presentavano alterazioni della permeabilità intestinale e contemporaneamente il batterio E. coli nel sangue e nel trombo”.
“La nostra scoperta è coerente con quella di altri ricercatori in Usa che hanno trovato diversi batteri intestinali nel sangue di pazienti infartuati”, rileva Violi.
Gli italiani hanno analizzato un campione di 150 individui, di cui 50 con infarto in atto, 50 persone cardiopatiche ma senza infarto e 50 individui sani (gruppo di controllo). E. coli è stato rinvenuto solo nel sangue dei pazienti giunti in ospedale con infarto acuto; mentre il batterio non era presente nel sangue né di soggetti sani di controllo, né di soggetti cardiopatici a rischio di infarto.
Gli esperti hanno poi studiato l’infarto su topolini cui è stato iniettato il batterio intestinale e visto che anche nel modello animale il batterio si ritrova nelle maglie del trombo.
Infine gli esperti hanno visto che è possibile fermare l’infarto a livello sperimentale con una molecola specifica che impedisce al batterio di legarsi con cellule immunitarie specifiche presenti nell’arteria dove è in atto la formazione del trombo. I prossimi passi, conclude Violi, saranno vedere se l’inibitore testato su animali possa divenire una cura d’urgenza nell’infarto per bloccare il trombo e se un vaccino specifico contro E.coli possa funzionare nella prevenzione dell’infarto.
fonte ANSA
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