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La spia corre sul campo in fuga da Brexit (di Cosimo Risi)

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Non è una rubrica di critica letteraria, materia di cui ho la sola competenza del lettore accanito, né un manuale per aspiranti agenti segreti.

Di agente segreto solo uno ha diritto al titolo e al nome: My name is Bond, James Bond. L’ultimo film della saga  “No Time to Die” esce ai primi di aprile essendo anche l’ultimo di Daniel Craig, il più rimarchevole Bond dello schermo assieme all’archetipo Sean Connery.

Merita la recensione alla buona di un non – critico il romanzo di John Le Carré, “La spia  corre sul campo” (Mondadori, 2019), che racconta di Brexit e Russia meglio di qualsiasi saggio di politologia. Racconta infatti la storia di una spia al servizio di Sua Maestà ostile a Brexit e diffidente della Russia che s’insinua nei meandri d’Europa per dividerla, avendo a sodale l’America di Trump.

Seguendo un percorso che lo ha portato dal conservatorismo al liberalismo,  Le Carré si fa testimone del tempo attraverso la letteratura: non noiosa, trattandosi infatti di una spy story, e neppure banale. Il senso profondo del manifesto che affida alla spia britannica è che Brexit allontana il Regno Unito dall’Unione europea, indebolisce il quadro europeo, sguarnisce le difese nei confronti delle ingerenze russe e del dominio americano. Solo l’Europa unita, con il Regno Unito dentro, e con radicati convincimenti ideali, può resistere alle pressioni esterne. Ne va della nostra civiltà.

Il messaggio è diretto al Governo Johnson che dal 2021 intende introdurre l’ingresso a punti per quanti vogliano lavorare nel Regno. Avere previamente un contratto di lavoro congruamente retribuito, conoscere l’inglese, essere specializzati in qualcosa, meglio se in materie scientifiche, eccetera. Non è detto, ma si intuisce, che si baderà anche agli orientamenti politico – religiosi: meglio evitare le teste calde che si aggiungano a quelle già presenti sull’Isola.

Muove a tristezza prima che a critica l’intendimento britannico. Da giovani eravamo abituati a considerare la Gran Bretagna e segnatamente Londra come il paradiso delle cose facili. La lingua imparata a scuola andava rodata sul campo, si pensi solo alla molteplicità degli accenti. Il multiculturalismo e il globalismo  quando la parola neppure esisteva: i sikh alla guida dei bus a due piani, il quartiere Chinatown. La libertà dei costumi: Blow – Up di Michelangelo Antonioni era il modello di quanti cercavano a Londra la leggerezza da un’Italia ancora codina.

Vivere a Londra sia pure per il periodo degli studi, mantenersi lavorando da cameriere nel pub quando a casa mammà ti serviva la zuppa di latte a letto da Natale in casa Cupiello, la movida notturna, la metro che da Piccadilly Circus ti portava in periferia, la pioggerellina dal cielo perennemente grigio, fish and chips che alla terza volta ti faceva rimpiangere la pizza. Tutto questo sarà l’album dei ricordi che i padri e i nonni trasmetteranno ai giovani del 2021.

Il negoziato sui futuri rapporti EU – UK, come si dice in gergo brussellese, è in corso dal 1° febbraio e dovrebbe chiudersi a dicembre. L’Unione si affida al capo negoziatore Michel Barnier ed al suo gruppo. Possiamo solo sperare che l’ora di Greenwich continui ad essere di riferimento.

di Cosimo Risi

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