Il Papa, sotto il diluvio di piazza S. Pietro, prega per fine pandemia: “Dio non ci abbandonare in tempesta”

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Una preghiera universale, e sotto il diluvio di Roma, per domandare al Signore la fine della pandemia: oggi Papa Francesco ha operato questa scelta, che è densa di significato per chiunque creda, ma anche per coloro che attendono che il coronavirus venga debellato dal mondo prescindendo dalla fede.

Il cuore della preghiera del pontefice argentino è stata la benedizione Urbi et Orbi. Piazza San Pietro e la Basilica sono state chiuse ai turisti settimane fa. Ma oggi Jorge Mario Bergogliodopo essere fuoriuscito dalle mura leonine lo scorso quindici marzo per pregare il crocifisso sito presso San Marcello al Corso e la Salus populi Romani di Santa Maria Maggiore, si è di nuovo mostrato a tutti, pregando affinché questo “nemico invisibile” venga sconfitto con l’aiuto dell’Altissimo.

Il Santo Padre ha pregato mediante l’Adorazione del Santissimo Sacramento. E il crocifisso di San Marcello al Corso è stato posizionato in prossimità del cancello di San Pietro. La Chiesa cattolica ritiene che quel crocifisso abbia protetto Roma dalla peste del 500′. Anche questa celebrazione, così come tutte le Messe che il Papa officiando la mattina alle 07.00, è stata trasmessa in streaming, che è la forma di comunicazione più idonea in questi tempi, dov’è necessario evitare qualunque tipo di assembramento. Le parole del vescovo di Roma sono state molto chiare: l’ex arcivescovo di Buenos Aires ha parlato di “fitte tenebre”, che sono calate sulle “piazze”, sulle “strade” e sulle “città”, alimentando un “vuoto desolante”. “Tutti – ha continuato – siamo chiamati a remare insieme come nel Vangelo”. Poi una riflessione aggiuntiva, che rischia di finire sui libri di storia: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti”.

Quella in corso, per Bergoglio, è una “tempesta” in grado di “smascherare” la “vulnerabilità”, facendo emergere quelle che ha chiamato “false sicurezze”. I passaggi della omelia papale sono stati riportati, tra gli altri, dall’Agi e dall’Adnkronos. Ma il punto cruciale delle considerazione del Papa è stato forse quello in cui ha rimarcato come questo tempo qui, quello che stiamo vivendo, ci obblighi tutti a scegliere “ciò che conta”, ossia l’essenziale. L’esaltazione è riservata ai semplici: medici e infermieri, certo, ma anche tutti coloro che sono costretti, per le necessità di tutti, a lavorare come se la pandemia non fosse in corso o quasi: quei “semplici” che costituiscono la “forza dello Spirito”. Sono queste le figure che oggi “scrivono la Storia”. Le “paure”, ancora, vanno riposte nelle mani di “Dio”, mediante cui “la vita non muore mai”. Due le parole chiave scelte: “solidarietà” e “speranza”. Centrale è anche la pazienza, che deve essere esercitata. Così come bisogna praticare “nuove forme” che riguardino “ospitalità” e “fraternità”.

Vale la pena sottolineare come mediante questa iniziativa papale i fedeli abbiano avuto la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria. Oggi il Vaticano ha anche reso noto di come il Santo Padre abbia donato trenta respiratori destinati ai malati colpiti dal Covid-19. Bergoglio ha chiesto a Dio non lasciare da sola l’umanità nel corso di questa tempest

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