Moda Made in Italy e Sostenibilità (di Tony Ardito)

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La moda Made in Italy incide per l’1,2% sul PIL nazionale, realizza il 72,2% delle vendite all’estero, occupa una forza lavoro totale di 366mila unità.

Ci sono circa 82mila imprese attive, di cui solo 163 superano i 100 milioni di euro di fatturato, e 15 sfiorano il miliardo.

Insomma, la tipologia di azienda più presente in questo settore è la PMI.

Il nostro è il Paese che ha dato i natali a grandi brand e geniali stilisti e che ha sviluppato un know-how nella manifattura di abbigliamento e scarpe che non ha eguali. Secondo l’ufficio studi di Mediobanca, nel 2018 ha generato 71,7 miliardi di euro di fatturato (+3,4% sul 2017) e raggiungerà gli 80 miliardi nel 2021.

Purtroppo, l’Italia non sta tenendo sufficientemente conto dell’importante trend in atto in ogni settore e anche in ambito fashion, ovvero “la ricerca della sostenibilità”. Oggi il 70% dei buyer lega la sostenibilità ai processi hard (materiali, processi chimici, eccetera) e non al marketing e alla filantropia. Il Post-Coronavirus ha stimolato una nuova consapevolezza etica e ambientale, i valori morali dei brand e l’orgoglio locale saranno i trend per il settore.

Cikis, una startup che ha ideato un processo per aiutare le aziende moda a diventare sostenibili, ha condotto un interessante studio, il quale ha rilevato che il 39% delle PMI della moda ha competenze tecniche minime per mettere in pratica azioni critiche di sostenibilità, questo vuol dire che, allo stato, 6 su 10 ignorano l’argomento.

Dall’analisi emerge infatti che le aziende non investono in competenze specialistiche, ma si affidano al team interno senza adeguata formazione sui temi di sostenibilità o alle proposte dei fornitori. Ciò provoca, ad esempio, che solo il 7% delle aziende intervistate conosca temi come la tracciabilità della filiera, che rappresenta invece uno dei pilastri della sostenibilità, e che solo il 9% citi la tutela dei lavoratori come criticità del settore. Altrettanto sconosciuti sono i temi riguardanti energia e processi chimici lungo la filiera.

I vantaggi della sostenibilità emergono quando il percorso viene intrapreso con serietà e costanza e, oggi più che mai, la stessa è altresì considerata uno degli elementi maggiormente attenzionati per la stima degli standard qualitativi.

Vi è la esigenza di un approccio più scientifico che consenta, fra l’atro, di rispondere meglio alle nuove esigenze del circostante e del mercato e, quindi, alle richieste del consumatore. Investire in sostenibilità, dunque, contribuisce a far accrescere i benefici in ogni direzione per la impresa e, naturalmente, non solo.

di Tony Ardito

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