La cena delle beffe ovvero il Decreto Semplificazioni (di G. Fauceglia)

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 “La Cena delle beffe” è un film del 1942 di Alessandro Blasetti, tratto dall’ omonimo dramma di Sem Benelli, con Amedeo Nazzari, rimasto famoso per l’apparizione del seno nudo della protagonista, Clara Calamai, una delle maggiori attrici dell’epoca, che subì il pesante anatema delle autorità ecclesiastiche. Così è a dire del decreto “Semplificazioni”, solo annunciato in pompa magna dal Presidente del Consiglio, eterodiretto dall’intramontabile Casalino, ma in attesa di definizione “salvo intese” (un modo burocratico per dire che vi sono forti litigi), ovvero  un “niente giuridico”, di fatto subordinato ad ulteriori e defatiganti trattative tra le forze di maggioranza. Del resto, gli italiani sono stati abituati al “nulla”, considerato che tra il Governo Conte 1 e il Governo Conte 2 sono ben 570 i decreti da adottare, così che oggi sembra più facile (tanto per dire !! ) aprire un cantiere che far diventare operativa una legge.

Facciamo un conto alla “carlona” con riferimento ai soli provvedimenti resi in costanza di emergenza pandemica: il decreto “Cura Italia” del 17 marzo prevede 30 decreti attuativi, ne mancano ancora 19; per il decreto “Liquidità” dell’8 aprile restano da predisporre ancora 8 decreti su 12; per il decreto “Rilancio” del 19 maggio mancano all’appello ben 77 decreti su 103 (la fonte è il “Quotidiano del Sud”). E’ evidente che, finita l’emergenza da Covid19, non vi sarà probabilmente  bisogno di alcun decreto, con la conseguenza che quei provvedimenti, pubblicizzati con conferenze stampa urbi et orbi, resteranno inattuati.

Per il decreto Semplificazioni vi è un ulteriore problema, di non poco momento, ovvero la necessità di riformulare il reato di “abuso d’ufficio”, da cui – in parte – dipendono  i ritardi e le inefficienze della pubblica amministrazione, posto che nessun amministratore pubblico vuole correre il rischio di essere attratto nel vortice di vicende ed indagini giudiziarie che durano all’infinito nell’italica repubblica giudiziaria.

Dalle indiscrezioni giornalistiche è emerso che una prima formulazione della norma disegnava il reato come “violazione di regole di condotta specificamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, dalle quali non residuino margini di discrezionalità per il pubblico funzionario”. Contro questa formulazione si è subito scatenato il pandemonio dei pubblici ministeri, che hanno tuonato contro una presunta abrogazione (di fatto) del reato.

Di conseguenza, prono al volere di chi proprio non potrebbe proferir parola (in considerazione di quanto sta venendo alla luce con riferimento alle vicende del dott. Palamara), il Governo ha subito previsto un correttivo ampliando la definizione del reato con “la violazione di specifiche regole di condotta previste dalla legge e dai regolamenti”, in tal modo ammettendo un’interpretazione assai ampia – che non si dubita verrà fatta propria dalle varie Procure – che consentirebbe di punire l’inosservanza di regole di condotta puramente formali o di tipo procedurale.

In questo modo, probabilmente, il tentativo di ovviare al male risulta peggiore del male stesso. Si continuerà a sindacare penalmente non la corruzione, ma la discrezionalità amministrativa, sulla scorta di vaghi principi generali, quali il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.

Del resto, il Paese è abituato ad assistere a decine di migliaia di processi per abuso d’ufficio, finiti nel nulla e con costi aggiuntivi per le difese degli indagati a carico delle pubbliche amministrazioni ovvero di noi tutti (ne dava conto Mattia Feltri su “La Stampa”, con un fondo graffiante ed interessante).

Anticipo subito le obiezioni dei cultori del sospetto e del pangiustizialismo: in un’ Italia così corrotta come si può pensare di eliminare un reato come l’abuso d’ufficio ? gli ingenui, però, non tengono conto che il fenomeno corruttivo non passa affatto tramite un abuso d’ufficio, richiedendo condotte più specifiche, che naturalmente vanno sempre represse.

Ma cosi è !!! In un bell’articolo su “Il Foglio” un grande giurista, come Giovanni Fiandanca, e un esperto commentatore, come Andrea Merlo, ricordano un’importante sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che, annullando una condanna comminata per abuso d’ufficio, statuisce che la pubblica accusa non deve strumentalizzare le leggi e la giurisdizione per imporre standard di moralità o canoni di buon governo, ma deve porsi l’obiettivo di verificare scrupolosamente (ed ora aggiungerei, con imparzialità e indipendenza, lette le cronache di questi giorni) la sussistenza di elementi costitutivi di reato. Ma, forse, questo  è pretendere troppo in Italia !!

Giuseppe Fauceglia  

7 Commenti

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  • Diciamo che è sempre più chiaro che il premier sta ritagliando per sé un ruolo imprevisto da una parte di chi sostiene la maggioranza e questo fa sì che vengano amplificati dettagli che normalmente rimarrebbero nel contesto della dialettica politica

  • qui devo darle ragione.
    stanno facendo solo chiacchiere per tirare a campare.

  • ahahahah, citare un articolo de “il foglio” è come darsi a martellate sui co….ni.
    Inutile tentativo per discreditare l’ottimo lavoro del premier.
    Siete ridicoli.

  • Il prof Fauceglia è preciso e puntuale nell’analisi , anche da un punto di vista giuridico, peccato, come al solito, che i presupposti siano errati. Intanto partiamo dal fatto, visto che il Professore non gradisce Casalino, che quest’ultimo almeno un iter formativo di comunicazione lo ha fatto, non so , può darsi che mi sbaglio, se lo hanno fatto le porta voci dei governi di berlusconi, belle a vedersi, anche più di clara calamai, forse il professore le rimpiange non le do torto… Veniamo al punto dolente l’art. 323 del codice penale cosi come è nella formulazione attuale è generico e lacunoso , il che ha comportato quello che viene definito la sindrome di firma, con la conseguenza che nessun funzionario o dirigente apponeva il visto, con la conseguenza che migliaia di opere sono al palo. Il decreto legge del governo mira a circoscrivere in maniera tassativa e netta quelli che sono gli atti la cui inadempienza comporta un abuso riducendo il margine di discrezionalità, ed io aggiungo , riducendo anche le attività delle procure. Inoltre con una derogatoria fino a luglio 2021 viene punita la responsabilità per quanto riguarda le azioni, nell’ambito del danno erariale, e l’omissione sia per dolo che per colpa , punendo in questo modo l’inerzia dei funzionari e dirigenti. Il punto Professore Fauceglia che 30 anni fa, e non ridursi ad aggi, avremmo dovuto avere il coraggio di riformare il codice penale e non solo l’istituto dell’abuso d’ufficio. Ultimo aspetto ITALIA DEI VALORI ha avuto da ridire su questo decreto, perchè, si sospetta che la Raggi, sindaco di Roma, e l’Appendino, sindaco di Torino, potessero farla franca su alcune decisioni. Mi viene da ridere perchè mi dovete dire, in Italia, quale sindaco, non ha avuto un avviso di garanzia per abuso in atti pubblici negli ultimi 30 anni

  • Ivo, il tardivo: ottimo lavoro per chi? a vantaggio delle multinazionali e poteri vari stranieri? allora ok, hai ragione. Per il popolo italiano e la Repubblica italiana invece è la MORTE, grazie a quelli come te.

  • X pino
    qui l’unico tardivo sei te.
    Non sei in grado neanche di fare la differenza tra i ladri che ci hanno governato e una persone retta e corretta come Conte.
    Grazie a quelli come te che hanno votato politicanti attaccati ai soldi e alla poltrona siamo nella m…a.
    Fai un piacere all’umanità, sparisci.

    p.s. non potete censurare una risposta commisurata alle offese di questo decerebrato.

  • retta e corretta??!?!?!?? ahahahahahahahahahahah
    Sparisci tu, anzi ci pensa conte a farti sparire e a ZITTIRTI con la museruola! ti piace tanto, pure. Decerebrato? censura? parli di te, vero? sei pratico di censure, vero adolf?

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