Capaccio: arrestato Roberto Squecco, l’uomo del corteo di ambulanze

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Un terreno di circa 4600 metri quadri a Zimbor, nella contea Salaj, in Romania, sequestrato insieme a decine di altri beni mobili e immobili sparpagliati nel Cilento e riconducibili all’imprenditore delle pompe funebri di Capaccio Paestum (Salerno) Roberto Squecco, conquista un record: è il primo bene sequestrato tramite l’attivazione della procedura introdotta dal Regolamento (Ue) 2018/1805 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018.

La nuova procedura è entrata in vigore il 19 dicembre: stabilisce il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca dei beni mafiosi in tutti i paesi dell’Unione. E quello compiuto in queste ore dalla Procura di Salerno guidata da Giuseppe Borrelli è il primo caso in Italia di applicazione di una normativa che può rappresentare un mezzo potentissimo contro tutte le criminalità organizzate europee.

Da stamane la Squadra Mobile di Salerno, guidata da Marcello Castello, e la Divisione Anticrimine della Questura di Salerno, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo guidato da Fausto Lamparelli e del Servizio Centrale Anticrimine, diretto da Giuseppe Linares, sta notificando il decreto di sequestro e contestualmente un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Squecco e altri 10 indagati.

L’inchiesta della Dda salernitana denominata ‘Croci del Silaro’ riguarda le infiltrazioni criminali nei servizi di trasporto infermi e delle onoranze funebri. Le accuse spaziano dall’intestazione fittizia di beni al riciclaggio, al reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, auto-riciclaggio, peculato, abuso d’ufficio e falso, turbata libertà degli incanti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

La Divisione Anticrimine sta eseguendo i sequestri – disposti dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Salerno presieduta da Gaetano Sgroia – ai sensi della normativa antimafia, su proposta congiunta del Procuratore e del Questore di Salerno Maurizio Ficarra.

I beni interessati, mobili e immobili, oltre ad ulteriori assetti societari, hanno un valore di circa 16 milioni di euro. Sequestrati una società con sede in Italia, 2 associazioni di soccorso, 26 automezzi, 7 conti correnti bancari, 12 terreni siti in Capaccio-Paestum e il terreno a Zimbor.

Spicca tra gli arrestati il nome di Roberto Squecco, il re delle pompe funebri nel Cilento, già condannato con sentenza definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso: minacciò un concorrente provando a riscuotere un prestito usuraio attraverso la manovalanza e la protezione del clan Marandino.

Agli arresti domiciliari sono finiti l’ex moglie di Squecco, Stefania Nobili, attuale consigliera comunale e capogruppo di maggioranza, e Mario Squecco, Donato Potolicchio, Giuseppina D’Ambrosio, Domenico Sorrentino, Assunta Salerno e Michele Montefusco. Divieto di dimora per Gerarda Montella, ex responsabile dell’Unità Emergenza-Urgenza dell’Asl di Salerno.

L’attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Salerno e delegata alla Squadra Mobile di Salerno trova la sua genesi negli avvenimenti successivi al voto amministrativo per l’elezione del Sindaco del Comune di Capaccio Paestum del 9 giugno 2019, allorquando erano stati denunciati alcuni episodi di utilizzo “improprio” di mezzi di soccorso del 118 del tipo ambulanze, che avevano inscenato un “carosello” tra le strade della cittadina di Capaccio Paestum per festeggiare il risultato elettorale.

Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di raccogliere evidenze probatorie che consentivano di inquadrare Roberto Squecco quale gestore di fatto di tutte le associazioni che operavano nel settore del trasporto infermi e delle collegate società di onoranze funebri, associazioni e società solo formalmente intestate a parenti e collaboratori del predetto; in particolare, la figura di Roberto Squecco emergeva anche per i precedenti penali di rilievo (condannato, infatti, con sentenza definitiva per tentata estorsione in danno di un imprenditore operante proprio nel settore delle onoranze funebri, reato commesso al fine di agevolare il clan camorristico Marandino) e per essere stato già sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale; nonostante ciò, il predetto continuava ad avere dirette interlocuzioni con le amministrazioni pubbliche, gli enti, i clienti, i collaboratori ed i fornitori, affatto giustificabili con il suo ruolo di dipendente di una delle società funebri controllate e di mero volontario delle associazioni/onlus allo stesso riconducibili.

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