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Perché i sintomi del vaccino dopo la seconda dose possono essere più intensi

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Col prosieguo della campagna vaccinale stanno aumentando le persone che stanno ricevendo la seconda dose di vaccino anti COVID. La seconda iniezione sta dando vita a effetti collaterali più frequenti e intensi, ma si tratta di una risposta del tutto attesa dagli esperti.

In un’intervista su Repubblica, la direttrice di Igiene del Gemelli di Roma Patrizia Laurenti ha affermato che “ad oggi sono oltre mille le persone che hanno concluso l’iter da noi, e di queste un centinaio hanno lamentato maggiori disturbi dopo la seconda iniezione. La frequenza è 1 su 10, a differenza della prima dose quando erano molto di meno, 1 su 100 circa”.

Un dato in linea con quanto atteso dagli esperti: “Lo ha detto anche EMA, l’autorità regolatoria europea: in genere con la seconda dose ci sono più reazioni avverse”, ha specificato sempre su Repubblica la dottoressa Stefania Salmaso, biologa esperta di vaccini e membro dell’Associazione italiana di Epidemiologia, oltre che ex direttrice (tra il 2004 ed il 2015) del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

Ma quali sono i sintomi che stanno sperimentando le persone vaccinate con la seconda dose? Tra quelli segnalati dagli esperti figurano dolore al sito dell’iniezione; febbre fino a 39,5 – 40°; spossatezza; mal di testa; dolori articolari e muscolari; gonfiore; problemi gastrointestinali e altri di lieve entità.

Fortunatamente, seppur particolarmente intensi in alcuni casi, questi sintomi sono transitori e non lasciano alcuna conseguenza. I sintomi più comuni, spiega Andreoni al Messaggero, sono la febbre e i dolori muscolari, che “durano in media non più di 24 ore” e che “con l’assunzione di paracetamolo (anche due grammi nell’arco di una giornata) tendono poi a scomparire”.

I sintomi, come spiegato dalla dottoressa Laurenti a Repubblica, si manifestato tra le 6 e le 24 ore dalla somministrazione del vaccino e “rientrano entro le 48 ore, a volte, ma non sempre, con farmaci antinfiammatori o paracetamolo”.

La scienziata ha aggiunto che alle persone che hanno avuto una reazione severa dopo la prima dose non è stata data la seconda per ragioni di sicurezza, “ma sono appena tre casi su seimila”. Insomma, anche se potenzialmente intense, le reazioni al vaccino anti COVID sono in linea con quanto atteso, passeggere, senza alcuna conseguenza e soprattutto dimostrano che il nostro sistema immunitario sta rispondendo bene, dato che i malesseri sono associati proprio alla risposta del nostro organismo.

Secondo gli scienziati la maggiore reattogenicità dei vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna rispetto a un comune vaccino antinfluenzale sarebbe legata alle nanoparticelle lipidiche di polietilenglicole (PEG) che contengono l’informazione genetica della proteina Spike del coronavirus, utilizzata dal patogeno come un grimaldello biologico per scardinare la parete cellulare e introdurre l’RNA virale che avvia la replicazione e dunque l’infezione.

Il polietilenglicole è un composto noto in grado di indurre anche indurre anche reazioni anafilattiche nei soggetti sensibili (ma molto raramente, come dimostrano i casi segnalati fino ad oggi durante la campagna vaccinale).

Del resto una reazione anafilattica può emergere per la sensibilità a uno qualsiasi degli eccipienti presenti in qualunque farmaco o vaccino; qui trovate la lista degli “ingredienti” presenti nei flaconcini di Pfizer e Moderna. Ma come dimostrato dagli studi clinici e dalle approvazioni di EMA ed FDA, i vaccini approvati per l’uso di emergenza risultano sicuri ed efficaci.

 

 

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