Lo spirito repubblicano del Governo Draghi (di Cosimo Risi)

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Il richiamo allo spirito repubblicano sembra datato a quanti straparlano di popolo e pensano alla sovranità nazionale dimidiata. Lo spirito repubblicano rimanda alla lettera della Costituzione, che consente di limitare la sovranità nazionale in omaggio al multilateralismo.

All’epoca dei costituenti il multilateralismo dominante era dell’ONU. Della futura Comunità circolavano i generosi progetti elaborati durante e dopo la Guerra, nulla però di concreto fino alla Dichiarazione Schuman nei primi Cinquanta.

E’ con la Comunità, e poi con l’Unione, che la cessione di sovranità prende maggiormente corpo fino a lambire i terreni protetti della sovranità stessa: il battere moneta; la politica estera, di sicurezza, di difesa. Da allora l’espressione sovranità condivisa, la stessa adoperata dal Presidente del Consiglio, diviene corrente. Anzi, nei settori in cui la sovranità resta sostanzialmente nazionale (sanità pubblica) si avvertono le crepe.

La manovra della Commissione di centralizzare l’acquisto dei vaccini spinge verso la “comunitarizzazione” della sanità. L’autonomia strategica europea deve riguardare la sanità. Avere delocalizzato la produzione dei farmaci e della strumentazione medicale significa avere consegnato le chiavi della salute pubblica a soggetti terzi.

Richiamare in Europa certe produzioni non è segno di autarchia ma di autonomia strategica. Abbiamo le conoscenze teoriche e le capacità tecniche per produrre in casa quanto può rivelarsi essenziale alla vita dei concittadini.

Da chi difese l’euro dalle minacce della speculazione non ci si poteva che attendere la sua strenua difesa: l’irreversibilità. L’opzione atlantica è ribadita, né potrebbe essere altrimenti nel momento in cui l’Amministrazione Biden lancia la campagna per rafforzare il fronte liberal-democratico avverso i regimi autoritari. Non oscura il dibattito circa il contributo europeo alle spese per la sicurezza: il famoso 2% del PIL che Washington ci chiede invano di raggiungere.

La Russia è partner, è lecito criticarne i comportamenti sul piano dei diritti civili. La Russia è paese europeo e condivide con noi un lungo confine. Il rapporto è ambiguo, ne è prova il North Stream 2, il gasdotto che dovrebbe portare il prodotto direttamente in Germania e che Berlino difende a denti stretti.

La Cina è collocata in posizione defilata. Pur senza riecheggiare l’espressione americana di rivale strategico, il Governo sconta che i rapporti con Pechino risentano della distanza geografica e politica.

L’assertività cinese preoccupa. Il silenzio sul morbo e l’uso geopolitico del vaccino ne sono conferma. Eppure, stando ai dati Eurostat, il commercio Europa – Cina ha superato nel 2020 quello Europa – USA. Il discorso programmatico è chiaro, le cifre vanno in altro senso.

Il Mediterraneo allargato è il ridotto di casa. Qui si consumano fatti e misfatti di nostro precipuo interesse. La Libia si avvia all’ennesimo schema di stabilizzazione, restano, ingombranti, le presenze di attori esterni come Russia e Turchia. Se Ankara si riavvicinasse all’Unione riprendendo un processo virtuoso, la situazione ne risentirebbe positivamente.

E infine la questione delle migrazioni. Il Governo deve destreggiarsi fra le diverse pulsioni all’interno della coalizione e nei rapporti con i partner europei. Il linguaggio è volutamente ecumenico.

E’ quasi ovvio sostenere che l’Unione nel suo insieme deve farsi carico della solidarietà dell’accoglienza e che occorre migliorare il sistema dei rimpatri. E’ meno ovvio fare passare la linea presso gli stati membri e i paesi terzi. I primi devono aprirsi effettivamente all’accoglienza, i secondi devono concludere e attuare gli accordi per i rimpatri.

La proposta della Commissione per il Patto su migrazione e asilo è sul tavolo da settembre 2020 e là resta.

di Cosimo Risi

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