Perché il sacrificio di Luca Attanasio rischia di essere vano (di Cosimo Risi)

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L’ISPI di Milano rinverdisce il ricordo di Luca Attanasio con un premio e la lectio di Romano Prodi sulla “sua” Africa. E’ un evento meritorio quanto elitario. Il grosso dell’opinione pubblica ha archiviato il caso, e non per malizia nei confronti dell’Ambasciatore, del Carabiniere e dell’autista. Ma per la pervicace indifferenza alla politica estera.

Il silenzio circonda l’Africa subsahariana e quella araba, persino la Libia del petrolio e dei migranti. Si tace del nuovo Governo di unità nazionale: ha appena giurato a Sirte avendo nei ranghi il 15% di donne fra le quali le responsabili di Esteri e Giustizia.

L’Unione europea è vista in chiave critica. Big Pharma non consegna le partite di vaccino da contratto, è la Commissione a lasciarsi gabbare.  Un certo vaccino suscita dubbi, forse enfatizzati ad arte dai concorrenti, la colpa è dell’EMA che non lo certifica immediatamente.

Il cittadino comune può essere assalito dal dubbio, i ricercatori dell’Agenzia devono essere subito categorici. E se sbagliano per la fretta? Non importa,  la responsabilità è di Ursula von der Leyen, che ha pure il torto di essere medico e praticare l’autocritica della Commissione.

Rallegra la notizia che il supremo chef Massimo Bottura stia collaborando con Barack e Michelle Obama sull’alimentazione sana e  riceva migliaia di domande di stage presso la sua Osteria modenese, dove puoi sperare in un tavolo solo se sei il Presidente degli Stati Uniti o giù di lì.

Non rallegra il fatto che le aziende italiane solo ora scoprano il business del vaccino e che docenti e  discenti stranieri disertino le nostre Università. Tanto per dire: Najla El Mangoush, la Ministra degli Esteri di Libia, già colonia italiana, ha completato gli studi presso l’Università della Virginia.

Durante la prima conferenza stampa, il Presidente del Consiglio ha ricevuto una sola domanda “estera”: sul nuovo freddo fra Stati Uniti e Russia. Se l’è cavata richiamando la vocazione euro-atlantica del suo Governo.

Sarà anche teatro mediatico, resta il dato che il Presidente americano sarebbe caduto nel tranello del giornalista amico, quel George Stephanopoulos dell’ABC che aveva servito con l’Amministrazione Clinton. Alla domanda se ritenesse Vladimir Putin “a killer”, Joe Biden ha risposto affermativamente.

Il richiamo dell’Ambasciatore russo da Washington sta nel linguaggio diplomatico come reazione appunto ad un’offesa. Non siamo alla rottura delle relazioni diplomatiche, ma certo non è un buon segnale.

Gli Stati Uniti premono sulla Germania perché riveda il progetto del gasdotto North Stream 2. La Germania è insieme leader dell’Unione e punto di snodo verso la Russia. La posizione di Angela Merkel ha rispecchiato l’ambivalenza negli anni. Rispettosa, quasi pedissequa, nel ribadire le dichiarazioni dell’alleato americano, è disinvolta quando si tratta di tutelare l’interesse nazionale in materia di affari. L’avanzo commerciale tedesco è un dogma.

Lo stesso atteggiamento la Cancelliera ha mostrato alla fine della presidenza tedesca UE. A dicembre 2020 ha accelerato la conclusione dell’accordo con la Cina sugli investimenti. Eppure la costituenda Amministrazione Biden aveva sconsigliato la firma.

Sarà anche teatro mediatico la schermaglia verbale fra le delegazioni americana e cinese in Alaska. La rinuncia all’evento conviviale comune, l’organizzazione incombeva agli anfitrioni americani, è gesto inelegante nel codice diplomatico.

I tre giganti mondiali si muovono in una logica di contrapposizione. Le trattative vere si dovrebbero svolgere al riparo delle telecamere ed essere meno tese di quanto appare all’esterno. Ora le parti sono alle enunciazioni di principio, con l’americana volta a differenziarsi dai precedenti di Trump e persino di Obama.

La nuova Amministrazione democratica intende accreditarsi come paladina dei valori per raccogliere gli alleati europei e asiatici nel cordone sanitario della democrazia e delle libertà In tal modo si espone ai contraccolpi delle altre parti che non accettano supinamente le critiche.

Mentre cerca l’autonomia strategica, l’Europa ha poco da guadagnare nel gioco duro. Il freddo non giova ai nostri traffici e soprattutto alla nostra tranquillità. La prima misura, a Bruxelles e nelle capitali,  è di vigilare su quanto accade attorno. La pandemia non è l’unica minaccia.

di Cosimo Risi

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