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Democrazia e giustizia (di Giuseppe Fauceglia)

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Per l’ennesima volta un Tribunale egiziano ha prorogato, in assenza di qualsiasi motivazione, per altri quarantacinque giorni la carcerazione preventiva dello studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki.

Il giovane, nonostante la mobilitazione e l’intervento dell’opinione pubblica, compirà il suo trentesimo compleanno dormendo per terra nella prigione di Tora, conosciuta per le violenze e gli abusi compiuti sui prigionieri, in maggior parte qui rinchiusi per motivi politici.

Desta particolare stupore la lentezza e i ritardi che ad oggi hanno impedito al Parlamento di concedere la cittadinanza italiana al giovane egiziano e il silenzio del Governo sulla grave violazione dei diritti umani consumata in Egitto

Siamo, allora, ben lieti di constatare che, nonostante le imperfezioni, la giustizia italiana conosca l’operato di un Giudice per le indagini preliminari,, come la dottoressa Donatella Banci Buonamici del Tribunale di Verbania.

Qui non si tratta di mandare assolti gli imputati di un fatto gravissimo,  come quello che ha comportato la morte di quattordici persone sulla funivia del Mottarone, che merita una condanna giusta e proporzionata alla gravità dei fatti, ma di valorizzare il lavoro che il Giudice ha svolto, in ossequio ai principi dettati dal codice di procedura penale, spesso dimenticati proprio quei Giudici delle Indagini Preliminari che si appiattiscono sulle ipotesi accusatorie formulate dai Pubblici Ministeri.

In sostanza, il GIP, in questo caso, non ha inteso interferire con le indagini svolte dalla Procura, ma ha solo ritenuto che, in assenza di gravi indizi di colpevolezza, le stesse non potessero giustificare la carcerazione preventiva degli indagati, ovvero che non sussisteva il concreto pericolo di fuga.

Non si tratta, cioè, di un’assoluzione, ma solo di una delibazione sulla sussistenza di quei presupposti che la legge stessa indica come imprescindibili requisiti della carcerazione preventiva.

Il problema vero è che nel nostro Paese si fa fatica ad accettare quello che resta un dato naturale nelle democrazie liberali, ovvero il principio costituzionale della presunzione di innocenza. Sembra questo un valore oggi indifendibile, laddove la giustizia viene fondata sui sentimenti e i rancori della “piazza”.

A questa tentazione, invero, non si è sottratto lo stesso Pubblico Ministero del Tribunale di Verbania quando ha affermato, con chiaro dispregio della distinzione tra Giudici e Pubblica accusa, che con la dottoressa Banci Buonamici non avrebbe più preso neppure un caffè, così esprimendo un giudizio non già sul suo operato ma sulla sua stessa persona.

Un giudizio quest’ultimo di chiara “riprovevolezza” nei confronti di chi, nel legittimo esercizio della propria valutazione, ha ritenuto di esprimere una opinione diversa. Gli episodi di questi giorni non possono che confermare che l’unico antidoto agli attacchi dei Giudici che assolvono o scarcerano, all’eccessiva e mediatica valorizzazione delle sole ipotesi accusatorie resta la separazione delle carriere.

Solo in questo modo potrà essere rafforzato il ruolo e l’autorevolezza del Giudice “terzo” e “indipendente”, solo in questo modo si potrà far comprendere che gli elementi raccolti dall’accusa non sono prove, ma indizi, i quali dovranno, in ogni fase del processo, essere sottoposti alla verifica di un Giudice, sottraendo i “fatti” alle distorsioni del processo mediatico.

In questo è il valore della democrazia, superando le discrasie di un sistema ancora culturalmente inquisitorio ed accusatorio, in cui le prove sono solo quelle raccolte dal Pubblico Ministero e non già quelle assunte, come vorrebbe la legge, nel pieno contraddittorio tra le parti.

Giuseppe Fauceglia

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