Pubblicata a ridosso delle aperture e della ripresa dei viaggi in tutta Europa, la ricerca “dimostra come i viaggi possano contribuire all’aumento della circolazione delle varianti e – rilevano gli autori dello studio – sottolinea come la sorveglianza genomica e le strategie di contenimento diventino sempre più importanti con la ripresa dei viaggi”.
Basata sui dati ottenuti grazie al sequenziamento, la ricerca riguarda la variante 20E (EU1) individuata inizialmente in Spagna e preso diffusa in tutta Europa, generata da una mutazione della proteina che il virus utilizza per entrare nelle cellule, la Spike. Nonostante non fosse molto trasmissibile, quella variante è diventata la maggiore fonte di diffusione del virus SarsCoV2 in Europa durante l’autunno dello scorso anno, come indica la ricostruzione della sua storia genetica.
I dati indicano che, mentre in luglio e agosto 2020 la variante 20E (EU1) era presente soprattutto in Spagna, a fine agosto era stata rilevata in dieci Paesi europei, compresa l’Italia. In poco tempo è stata identificata in Belgio, Svizzera, Francia, Danimarca, Regno Unito, Germania, Lituania, Svezia e Norvegia, oltre che nel nostro Paese. I dati genetici indicano che è stata ‘esportata’ dalla Spagna più volte e che l’introduzione progressiva negli altri Paesi europei ha seguito le stesse rotte dei viaggi.
Alla luce di questa ricostruzione gli autori della ricerca rilevano che i viaggi internazionali hanno giocato un ruolo importante nella ripresa dell’epidemia, se non accompagnati da misure di contenimento e quarantena. Per aiutare ciascun Paese a mantenere bassi i livelli di trasmissione del virus SarsCoV2, concludono, sono necessarie strategie per evitare che le varianti si diffondano con la ripresa dei viaggi.
E ovviamente con l’inizio dell’estate e quindi con viaggi e mobilità turistica ma con la variante Delta indiana presente già vistosamente in Gran Bretagna gli scongiuri sono d’obbligo
Commenta