I farmaci per i pazienti Covid su cui si sta puntando

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Solo due farmaci finora hanno dimostrato di ridurre la mortalità nei pazienti ricoverati in ospedale, arginando l’eccessiva risposta immunitaria contro il virus ma la speranza arriva dalle nuove sperimentazioni che, analogamente, si concentreranno su nuovi trattamenti che agiscono sul sistema immunitario piuttosto che sul virus stesso.

Nel giugno 2020, lo studio Recovery (Randomised Evaluation of COVID-19 therapy) condotto nel Regno Unito ha rilevato che il desametasone, un corticosteroide molto potente utilizzato da anni, limita di circa un terzo i decessi nei pazienti in terapia intensiva, bloccando la cosiddetta “tempesta di citochine”, la risposta immunitaria così violenta da portare alla morte.

Nel febbraio 2021, la sperimentazione Recovery inoltre dimostrato che il tocilizumab, un anticorpo monoclonale che blocca il recettore per l’interleuchina-6 e che fin dall’inizio ha suggerito miglioramenti clinici nei pazienti Covid, ha ridotto ulteriormente la mortalità, accorciando i tempi di recupero e limitando la necessità di ventilazione.

Come il desametasone, anche il tocilizumab agisce attenuando la risposta immunitaria eccessiva nei pazienti gravemente malati, sebbene intervenga bloccando potentemente una particolare via infiammatoria.

“Ci sono ancora tante altre vie che possiamo bloccare e forse fare la differenza” ha affermato Anthony Gordon, specialista in terapia intensiva presso l’Imperial College di Londra, che a Science ha fatto il punto sui nuovi farmaci su cui si sta puntando nel trial Solidarity, uno studio globale che gode dell’appoggio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e che dopo mesi stasi ripartirà con una nuova fase di sperimentazione, ribattezzata SolidarityPlus.

Quando il trial Solidarity è stato inizialmente lanciato, nel marzo 2020, è stato il primo a testare i farmaci più promettenti in dozzine di Paesi contemporaneamente. Alla fine dell’anno i ricercatori hanno però messo in discussione l’efficacia clinica di quattro trattamenti (l’antivirale remdesivir, l’antimalarico idrossiclorochina, la terapia di combinazione contro l’HIV ritonavir/lopinavir e l’interferone-beta) perché nessuno ha mostrato di ridurre la mortalità e funzionare nei pazienti più gravi, probabilmente perché impiegati in uno stadio troppo avanzato della malattia (Gli anticorpi monoclonali contro Sars-Cov-2, ad esempio, sono indicati in una fase precoce dell’infezione, prima che si sviluppino forme gravi di Covid).

D’altra parte, i pazienti gravemente malati potrebbero beneficiare di trattamenti che agiscono sul sistema immunitario. Pertanto, nella nuova fase di studio SolidarityPlus che partirà in Finlandia, verranno testati tre nuovi farmaci in pazienti ospedalizzati con Covid-19: il farmaco antitumorale imatinib, un anticorpo chiamato infliximab che viene utilizzato per trattare le malattie autoimmuni, e l’artesunato, un antimalarico.

L’imatinib, un farmaco orale usato per trattare alcune leucemie e altri tipi di cancro, può anche proteggere l’epitelio che riveste gli alveoli, dove l’ossigeno passa dai polmoni al sangue. Uno studio controllato con placebo su 400 pazienti Covid ospedalizzati nei Paesi Bassi, pubblicato lo scorso giugno su The Lancet, ha mostrato che i pazienti che assumevano il farmaco trascorrevano meno tempo sui ventilatori e avevano meno probabilità di morire.

Sebbene non statisticamente significativi, i dati sono stati abbastanza incoraggianti da stimolare studi più ampi, ha affermato Gordon, coinvolto un altro studio internazionale chiamato REMAP-CAP, che sta pianificando di testare anche questo medicinale.

L’infliximab è un anticorpo somministrato come singola infusione in grado di bloccare il fattore di necrosi tumorale alfa, una molecola di segnalazione fondamentale nel sistema immunitario, ed è usato per trattare malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide e le malattie infiammatorie intestinali. Alcuni dati, ottenuti da ampi studi osservazionali, hanno suggerito che il farmaco può essere efficace anche nei pazienti Covid.

L’artesunato, un derivato dell’artemisinina e in grado di agire sul parassita della malaria, ha anche mostrato una certa attività antivirale in studi di laboratorio su Sars-Cov-2. Nello studio Solidarity verrà però testato sulla base di un altra proprietà: il farmaco sembra infatti poter ridurre l’infiammazione e contrastare i segnali che richiamano le cellule immunitarie nei tessuti. Ciò potrebbe fermare le reazioni immunitarie che danneggiano i polmoni in caso di Covid-19 grave.

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