Covid, Crisanti: «Ancora molti contagi, presto per cantare vittoria»

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Il lavoro di consulenza della Procura di Bergamo gli toglie sempre più tempo e le sue apparizioni televisive, a differenza di quelle di altri colleghi, sono meno frequenti di un tempo. Ma dal suo laboratorio di microbiologia molecolare dell’Università di Padova il professor Andrea Crisanti resta un attento osservatore dell’epidemia da Covid, e invita alla calma prima di cantare vittoria, nonostante i dati, anche dopo la pria settimana di anno scolastico, indichino una situazione piuttosto tranquilla.

Come la vede professore, la vita può proseguire senza più limitazioni? Possiamo tornare alla normalità?
«Mah, non lo so. Credo sinceramente che dipenda moltissimo, e dico una banalità non così banale, dal numero di vaccinazioni che riusciremo ancora a fare. E poi naturalmente dalla possibilità che arrivino, o non arrivino spero, altre varianti».

Sulle varianti fu tra i primi a dire che bisognava stare attenti a vaccinare con il contagio ancora in corso, perché si rischiava, appunto, di rafforzare le varianti stesse.
«Si, sostanzialmente, proprio perché è frequente l’incontro tra il virus e le soluzioni vaccinali, si rischia di favorire la nascita di varianti che resistono al primo tipo di anticorpi».

E come siamo messi su questo fronte?
«È proprio ciò che è successo. La variante Delta infetta anche le persone vaccinate. Per fortuna abbiamo evitato, finora, i rischi peggiori, perché si tratta di una forma di coronavirus che non comporta complicazioni serie a livello clinico e quindi non incide sull’ospedalizzazione. E questo è al momento l’aspetto positivo».

Ma esiste ancora il rischio, secondo lei, di arrivare a una variante che abbia conseguenze cliniche gravi anche su persone già vaccinate o già colpite dal Covid?
«È molto difficile prevederlo, dipende da diversi fattori e in particolare dalla trasmissibilità. E anche su questo fronte, Delta a parte, bisogna capire quanto reggeranno gli attuali vaccini. La situazione è ancora molto fluida e dinamica, ci sono ancora troppe variabili in campo, però…»

Lei sembra essere arrivato, finalmente, a un cauto ottimismo. Aveva sempre messo tutti in allerta, ora però qualcosa è cambiato, almeno rispetto a un anno fa.
«Certo, ci sono i vaccini. Ma parliamoci chiaro, un anno fa, prima dell’autunno, solo un pazzo poteva essere ottimista. E infatti è stato un autunno-inverno molto duro, ancora tragico direi. Il punto è cosa fare adesso, naturalmente, e prima di cantare vittoria serve tempo e pazienza».

Ancora? I numeri sembrano indicare una situazione relativamente contenuta.
«Si, ma siamo comunque a 60 deceduti al giorno , cioè siamo a quasi 2.000 al mese per una malattia contagiosa. È un prezzo che si può pagare? Non lo so, a me sembra ancora troppo alto. Io dico che non possiamo pensare di fare come l’Inghilterra, e spero che davvero l’Italia non segua quella strada».

Lei ha vissuto e lavorato parecchio nel Regno Unito, cosa è successo Oltremanica?
«Dopo una massiccia campagna vaccinale, forse la più imponente in Europa e nel mondo occidentale per rapidità e capillarità, il governo ha deciso che non si poteva più pagare un prezzo economico alla pandemia. E così liberi tutti. È una scelta che a mio avviso rischia di non pagare e di creare quindi qualche rischio. Ci vuole sempre un po’ di moderazione e a maggior ragione in questo caso: solo con la calma e il rispetto di certe regole potremo uscirne».

Fin qui il suo parere di esperto. Ma le sue competenze, com’è noto, l’hanno portata a essere consulente della Procura di Bergamo, con un pool scelto da lei, per rispondere a domande che i magistrati ritengono fondamentali, dalla gestione dell’ospedale di Alzano alla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana. Come procede?
«Non posso naturalmente dire nulla, esiste il segreto istruttorio e ho il massimo rispetto istituzionale. Stiamo lavorando e stavolta consegneremo, senza chiedere deroghe. Il termine è fissato per il 30 dicembre».

Corriere

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