Centro direzionale di Napoli, grattacieli vuoti, negozi e bar falliti a causa del Covid

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Per favore non scriva il mio nome – esordisce così il proprietario di un bar del Centro direzionale – Tra pochi giorni chiudo. Ormai qui è il deserto, in troppi abbassano la saracinesca » , dice prima di mostrare le transenne posizionate da pochi giorni attorno a una griglia sulla pavimentazione. « Se fosse passata l’auto della polizia o il furgone di un corriere, sarebbe precipitata al livello meno due».

Pochi metri più avanti, vicino alla scultura dell’Uomo vitruviano, la strada ha un avvallamento profondo: «Sono qui da vent’anni e di manutenzione ne ho vista fare poca», racconta Rosario Cerino.

Il suo minimarket è nella zona delle dieci torri residenziali del complesso di grattacieli di Kenzo Tange, il primo costruito nell’Europa meridionale e mai completato. « Il Cdn avrebbe dovuto proiettare Napoli nel terzo millennio – ricorda Ciro Visone, una vita nell’editoria, oggi pensionato – Ho un volume su come doveva essere: lo chiamo il “libro dei sogni”».

Quasi tutte le vetrine ai piani terra dei palazzoni abitati sono chiuse da decenni: la merceria, l’elettricista, ora anche i bar. «Non ci sono servizi essenziali per più di mille famiglie, circa 4.500 persone – aggiunge Eduardo Nasta, 75 anni, residente dal 1992 – Oltre al danno del degrado nel quartiere più avveniristico di Napoli, ridotto in condizioni da terzo mondo, subiamo anche la beffa di pagare due volte gli stessi servizi: sia con le tasse comunali che con la quota annuale di circa 350 euro al consorzio di urbanizzazione Ge.se.ce.di».

Un gruppo di cittadini ha inviato al sindaco Manfredi una lettera protocollata: «Confidiamo nel suo intervento», continua Nasta.

La questione risale al 2003. Gli affittuari nelle torri riscattano con mutui ventennali la proprietà dall’Inpdap, ma nel rogito trovano una clausola obbligatoria: il versamento della quota al consorzio per la pulizia, la security e la manutenzione anche del verde. Ge.se.ce.di era allora titolare esclusiva di tutti i servizi nel Centro direzionale.

Dopo una battaglia legale, arriva nel 2013 una sentenza del Tar confermata nel 2015 dal Consiglio di Stato: in sintesi, è scritto che il consorzio non è legittimato a operare nel Cdn dal 2000. Gli entusiasmi dei residenti si spengono però con la delibera 564/ 2015 del Comune allora guidato da Luigi de Magistris.

Palazzo San Giacomo si prende in carico la manutenzione del Centro direzionale e definisce “ aree pubbliche” l’asse centrale e quelli che portano alla Regione e al Palazzo di giustizia, e “private a uso pubblico” quelli residenziali. Ge. se. ce. di continua così a offrire la security sul livello di superficie del Cdn e la pulizia nelle strade delle torri abitate. I cittadini ricevono cartelle fino a 5 mila euro con gli arretrati da pagare al consorzio: « Qui vivono per lo più pensionati, impiegati e operai – spiega Gennaro Sansò – paghiamo quote condominiali di oltre mille euro e versiamo da vent’anni anche 50 euro al Consorzio delle paludi».

L’auspicio dei residenti è trovare una soluzione con l’amministrazione Manfredi: « A nostro avviso – dice Nasta – si potrebbe cancellare Ge.se.ce.di. e prevedere al suo posto un nuovo soggetto per la security al Cdn, assorbendo i lavoratori, ma con spese per il servizio a carico di enti pubblici, aziende e commercianti, esclusi i residenti».

«Chiediamo di essere equiparati agli altri cittadini di Napoli», conclude Visone. La sicurezza privata è comunque ritenuta fondamentale: «Senza sarebbe un problema – conferma Cerino dal suo minimarket – Dalle 19, qui è un pullulare di rapinatori e di prostituzione».

Gli accessi pedonali alle torri residenziali da via Taddeo da Sessa sono recintati. Il marciapiede, impraticabile per immondizia e vegetazione incolta, accoglie le prostitute già in pieno giorno.

La Repubblica

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