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Pensioni: nel 2020 1,1 miliardi di risparmi per i morti da Covid

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Nel 2020 l’Inps ha risparmiato in spesa per pensioni 1,1 miliardi a causa dell’eccesso di mortalità per Covid .Secondo il nono Rapporto di Itinerari previdenziali, presentato stamane al Senato, fino al 2029 si avrà di conseguenza una spesa minore per 11,9 miliardi. “Il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 – si legge – ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate.

Considerato anche le adesioni a Quota 100 minori del previsto, l’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali speciali durante la pandemia e la recente ripresa dell’occupazione, Itinerari Previdenziali prevede che il rapporto spesa pensionistica/PIL dovrebbe ridursi dal 14,27% del 2020 al 13,19% del 2021, migliorando fino al 12,32% (valore in linea alla media Eurostat) nel 2024.

Il Centro Studi e Ricerche presieduto da Alberto Brambilla, che stamane presenta al Senato il Nono Rapporto sul Sistema Pensionistico Italiano, calcola inoltre che la riduzione dei flussi di pensionamento dal 2022 (per effetto della fine di Quota 100), combinata con la cancellazione di prestazioni a lunga decorrenza, “dovrebbero consentire di ammortizzare le perdite prodotte da Covid-19 nel corso dei prossimi 2 o 3 anni, con una risalita del rapporto attivi/pensionati intorno al valore di 1,49 già nel 2024”, un valore vicino alla quota record di 1,4578 toccata nel 2019. Secondo le proiezioni di Itinerari Previdenziali quindi l’incremento degli attivi e il flusso dei contributi dovrebbero riportare il disavanzo Inps sui 20,8 miliardi, entro il prossimo triennio.

«A oggi il sistema è sostenibile e lo sarà anche tra 15 anni, nel 2035, quando le ultime frange dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 si saranno pensionate», assicura Alberto Brambilla. Tuttavia, aggiunge, “perché si mantenga la sostenibilità pensionistica, sarà però indispensabile intervenire su 4 ambiti fondamentali: 1) le età di pensionamento, attualmente tra le più basse d’Europa (62 anni l’età effettiva in Italia contro i 65 della media europea), nonostante un’aspettativa di vita tra le più elevate a livello mondiale; 2) l’invecchiamento attivo dei lavoratori, attraverso misure volte a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione; 3) la prevenzione, intesa come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute; 4) le politiche attive del lavoro, da realizzare di pari passo con un’intensificazione della formazione professionale, anche on the job».

“Dobbiamo semplificare il procedimento di selezione del gestore delle risorse finanziarie degli enti, creare tassazione agevolata per gli investimenti nelle PMI italiana, adeguare la tassazione italiana sui rendimenti e sulle prestazioni a quella dei Paesi europei”, ha affermato il senatore del M5S Sergio Puglia , membro Commissione Bicamerale Controllo Enti.

Pensioni pagate da 46 anni

Tra gli errori del passato da non ripetere sicuramente l’anticipo eccessivo della pensione: sono 476.283 gli assegni previdenziali pagati dall’Inps da 40 anni o più a persone andate in pensione nel lontano 1980 o ancora prima: 423.009 le prestazioni riguardanti il settore privato, 53.274 quelle relative ai dipendenti pubblici. Il record di durata delle pensioni più remote ancora oggi vigenti è in media di quasi 46 anni nel settore privato e di 44 per il pubblico: prestazioni corrette sotto il profilo attuariale non dovrebbero superare i 20/25 anni, sottolinea il Rapporto di Itinerari Previdenziali.

Il bilancio 2020

In dettaglio, la spesa pensionistica di natura previdenziale comprensiva delle prestazioni invalidità, vecchiaia e superstiti è stata nel 2020 di 234,736 miliardi di euro contro i 230,259 del 2019 (+4,5 miliardi). Tenuto conto di un decremento delle entrate contributive di quasi 14 miliardi sull’anno precedente (-6,7%), il saldo negativo tra entrate e uscite si è attestato a circa 39,3 miliardi di euro: un deficit che supera di 18,4 miliardi il saldo del 2019 e che fa segnare un esito peggiore persino a quello del 2015, anno più critico dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008.

Quattro gestioni in attivo

E tuttavia ci sono  quattro gestioni obbligatorie Inps che si mantengono in attivo, sebbene con saldi inferiori agli anni precedenti: i lavoratori dipendenti che presentano un attivo di 1.203 milioni (erano 20.186 nel 2019), i commercianti (da 880 a 607 milioni), i lavoratori dello spettacolo ex Enpals con 150 milioni (erano 400 l’anno precedente) e la Gestione Separata dei lavoratori parasubordinati.

Con la sola eccezione dell’Inpgi, l’ente previdenziale dei giornalisti (la cui gestione principale è appena stata assorbita dall’Inps), bilanci positivi anche per le Casse privatizzate dei liberi professionisti, per un saldo positivo complessivo di 3.877 milioni che beneficia, anche nell’anno della pandemia, soprattutto di un buon rapporto attivi/pensionati

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