Linea diretta con il Paradiso (di Enzo Capuano)

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Sono nello studio; non seduto alla scrivania, ma in poltrona, cerco di leggere un libro, mentre i miei nipotini giocano sul tappeto. In sottofondo, appena percepibile la musica di Ennio Morricone, colonna sonora di un vecchio western visto tanti anni prima. La giornata limpida inonda di luce la stanza e illumina gli occhi vispi dei bambini.

Il più grande smanetta con un cellulare e passa da un’App a un’altra con una velocità incredibile.

Mi rivolgo a lui: “Lo sai che non tantissimi anni fa, ancora negli anni 50, nei paesini del nostro sud, quasi tutti sul cucuzzolo di una montagna, non vi era nessun modo di comunicare non solo con la gente del resto del mondo, ma anche con quella dei paesi vicini?”

Lui mi guarda e rallenta i movimenti. Inaspettatamente mi accorgo che quello che ho detto gli interessa. Per attirare ancor più la sua attenzione gli do un punto di riferimento concreto.

“Mio padre, il tuo bisnonno, agli inizi degli anni cinquanta, per lavoro, si trasferì in uno di quei paesi sospesi tra cielo e terra.

In quel luogo non c’era il telefono, la televisione sarebbe arrivata solo dopo qualche anno, le auto erano rare e soprattutto non c’erano strade che permettessero di raggiungere facilmente i paesi confinanti. Anche la corrente elettrica stava arrivando solo allora.

Il tempo scorreva lentamente e in circolo, giorno, notte e stagioni che si ripetevano pian, piano, sempre uguali. Per un attimo si sentì tagliato fuori dal mondo ma poi capì che stava per vivere una storia magnifica.

Quegli anni hanno rappresentato la cerniera tra un passato ancora fortemente caratterizzato dalla civiltà contadina, simile a quello di mille anni prima, e un futuro industriale più o meno ricco che in breve avrebbe portato ai nostri giorni, al cellulare che tu usi con maestria e chi ti permette di fare tutto, in un tempo che accelera sempre più muovendosi non più in modo circolare ma in maniera caotica, cambiando continuamente direzione e puntando all’infinito.

In quegli anni sono state costruite strade, contenute e regolate le acque e si è acquisita la coscienza che la cultura potesse essere il modo per permettere nuove opportunità e che doveva appartenere a tutti. Si è iniziato a istituire le scuole primarie anche nei posti più remoti.

Infine la TV e il telefono contribuirono a ridurre le distanze tra i luoghi. Sono stati quegli uomini e quegli anni a costruire tutto quello che c’è oggi ed è stato fatto con la convinzione di dover realizzare un futuro diverso, ma con il timore di cancellare quanto di buono c’era a quel tempo.”

Con gli occhi sempre più vivaci mio nipote mi risponde: “Ma secondo te era più bello prima?”

“Non è facile risponderti credo che ogni epoca abbia delle cose belle ed altre migliorabili, ma se siamo capaci di mettere al centro del nostro tempo il rapporto con gli altri, senza l’imperativo di dover andare sempre e comunque oltre riusciremmo a vivere meglio”

“A me piacciono le cose che faccio e le possibilità che ho oggi” risponde il piccolo e avendo concesso già molto del suo prezioso tempo si allontana.

Rimango solo, con i miei pensieri e a chiedermi se oggi sia meglio di ieri. Le risposte che mi do sono fin troppo banali. Poso il libro e apro una rivista medica che illustra il rischio e la pericolosità di sviluppare Herpes Zoster (Fuoco di Sant’Antonio) nella popolazione adulta.

L’articolo ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza riguardo a questa patologia e alla possibilità di prevenirla attraverso la vaccinazione. La vaccinazione ridurrebbe notevolmente le complicanze della malattia, in particolare nelle persone fragili.

Mi chiedo se in questo momento sia più facile parlare ai pazienti dell’utilità di un’ennesima vaccinazione, segno del progresso o fermarsi a quello che c’era ieri; mi accorgo che è un po’ come chiedersi se era meglio ieri o oggi e sorrido.

Ritorno a osservare mio nipote e il cellulare. Alla fine mi convinco che, dopo tutto, se la scienza andasse così oltre da permette di connetterci con il Paradiso non sarebbe poi così male, potrei continuare a conversare con loro all’infinito… potremmo parlare del tempo che scorre.

di Enzo Capuano

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