Finché c’è guerra… (di Cosimo Risi)

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La Camera dei Deputati vota a larga maggioranza la risoluzione che impegna il Governo ad aumentare la spesa militare fino al 2% del PIL. Votano contro quelli che la pace è salva con  armi a salve e l’Esercito dedito a opere benefiche.

Oggi la spesa militare supera di poco l’1% e  ci pone fra gli stati NATO esposti alle rampogne delle Amministrazioni di Washington dei vari colori. L’Europa tutta risparmia sulla sicurezza, conta sull’ombrello americano che è sempre meno largo dovendo coprire in priorità l’Indo-Pacifico.

Ci sono volute l’invasione dell’Ucraina e la minaccia nucleare perché gli Europei prendessero coscienza che il mondo della pace e della cooperazione vagheggiato dai Trattati è “pieno di terrori”, come le notti nel Trono di Spade. Il sentimento colpisce la popolazione ucraina, inquieta le popolazioni vicine, ci tocca dappresso nell’accoglienza ai profughi. Emmanuel Macron ammonisce a prepararci a  guerre ad alta intensità.

Pagare di più il carburante e le bollette, non esportare certi prodotti, vedere inesigibili i crediti in rubli, smantellare le attività messe in piedi  per gli oligarchi e la borghesia russa che si svagava dalle nostre parti: tutto questo peserà sull’afflato umanitario oltreché sull’economia.

Le notizie di un piano di pace aprono uno spiraglio. Nel frattempo le offensive proseguiranno con maggiore virulenza, per porre le parti in posizione di vantaggio nelle trattative. Da un lato, i negoziatori negoziano e, dall’altro, le vittime e le distruzioni crescono.

E’ la logica perversa delle trattative in costanza di conflitto. E’ pure prevedibile che l’ipotetico cessate il fuoco non sarà rispettato, con accuse reciproche di averlo violato.

Ne avremo ancora per un bel pezzo prima di tirare un sospiro di sollievo e pensare, anzitutto, alla ricostruzione di un paese in parte distrutto. Il morale delle persone, quello sarà molto più difficile da ricostruire.

Ma il fattore umano è l’ultimo ad essere considerato dagli strateghi. Sarà inoltre impossibile tornare alla distensione Est-Ovest, occorrerà una nuova perestrojka  ed un nuovo Gorbacev per ritrovarla. Fra trenta anni?

Fra i punti della trattativa figurerebbe la rinuncia dell’Ucraina ad aderire alla NATO. Tornano attuali alcune formule evocate alla vigilia dell’aggressione: dalla neutralizzazione permanente dell’Austria, alla neutralità di Svizzera e Svezia, alla finlandizzazione.

Non hanno impedito a quei paesi di vivere in democrazia e sicurezza. E allora perché calpestare il diritto internazionale e le vite delle persone?

L’enigma cinese continua. La telefonata fra Joe Biden e Xi jinpeng rappresenta il primo contatto diretto dopo mesi di silenzio. La mediazione della Cina per porre termine al conflitto è considerata essenziale.

Pechino ha le chiavi di Mosca. Non le adoprerà per aprire le porte del Cremlino se non in cambio di rassicurazioni da parte dell’Occidente. Anzitutto che il commercio globale prosegua senza i lacci delle restrizioni americane.

E’ sulla libertà degli scambi che la Cina fonda la sua idea della globalizzazione. E’ grazie all’enorme attivo commerciale che il regime offusca i tratti autoritari. La Cina ha con l’Occidente un interscambio di gran lunga maggiore che con la Russia. I due partner non sono intercambiabili.

Il Consiglio europeo del 24 marzo è chiamato a discutere dell’impatto economico della crisi bellica. Torna in auge la politica comune dell’energia. Riemergono le riserve che già disseminarono il cammino, anni addietro, della Carta dell’Energia. Un misto di interessi nazionali presentati come legittimi e di timori che l’integrazione più avanzata premi i sovranisti.

Il sovranismo si sta rivelando la “tigre di carta” del famoso apologo del Presidente Mao. E’ la cortina dietro cui si nascondono le forze politiche per non avanzare verso l’integrazione, temono i sondaggi che premiano i sovranisti. La sicurezza non si protegge con le intenzioni di voto ma con le decisioni coraggiose. Senza l’Unione non avremmo affrontato la pandemia e, ora, ci troveremmo sguarniti nel conflitto.

Scrive bene Tony Blair (la Repubblica, 16 marzo) che dobbiamo ritrovare l’autostima e il coraggio delle idee. Peccato che il messaggio giunga fuori tempo massimo. Durante la sua Premiership a Londra, rallentò il percorso europeo con la promessa di un referendum per aderire all’euro. Si tenne invece il referendum su Brexit. I sovranisti hanno la sfrontatezza che a volte difetta agli europeisti.

“Finché c’è guerra c’è speranza” è il tardo film di Alberto Sordi. Non faceva ridere.

di Cosimo Risi

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