Referendum giustizia, il 12 giugno si vota anche nel Salernitano: cinque i quesiti

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Il 12 giugno si vota in tutta Italia per il referendum sulla giustizia, voluto fortemente dalla “strana coppia” Partito Radicale (promotore del referendum) e Lega (il partito che maggiormente si è speso per raccogliere le firme). Un referendum di cinque punti, ognuno con un certo grado di complessità al quale rispondere con un “sì” e un “no”. Come previsto da legge per tutti i referendum abrogativi, è necessario – come riporta oggi il quotidiano “Le Cronache” consultabile online – raggiungere il 50% di partecipazione del censo elettorale affinché il referendum sia valido. Per cosa si vota? I primi tre quesiti rientrerebbero nell’ottica di una riforma della Magistratura stessa. Si comincia dal sistema d’elezione del Csm, incidendo correntismo: il quesito prevede la possibilità – in caso di vittoria dei “sì” – di evitare il passaggio preliminare di accettazione della candidatura al CSM tramite la raccolta di 25 firme dei togati. L’eliminazione di questo criterio porterebbe, stando ai promotori, a un minor peso delle correnti all’interno del Csm. Il secondo quesito, che è anche quello più complesso e portato con la dicitura “equa valutazione dei magistrati”, offre la possibilità di far valutare, agli avvocati e ai professori, la professionalità di giudici e magistrati. Per i promotori del referendum, questa apertura al giudizio esterno garantirebbe una maggior obiettività. I contrari, invece, sostengono che a causa della sensibilità della funzione giudiziaria, si rischierebbe di comprometterne la funzione. Il terzo e ultimo punto di questo blocco ripropone la separazione delle carriere della Magistratura, tra pm e giudici, scelta che – secondo i promotori del referendum – dovrebbe essere compiuta all’inizio del percorso all’interno della struttura del potere giudiziario. Il quarto quesito riguarda la limitazione delle misure di custodia cautelare: la vittoria del “sì” al quesito limiterebbe la custodia cautelare unicamente ai casi di rischio concreto di fuga, inquinamento delle prove o rischio di commettere reati di particolare gravità. Pertanto, per tutti gli altri casi e fino alla sentenza definitiva, l’imputato non avrebbe particolari limitazioni sulla propria libertà. L’ultimo quesito verte sulla Legge Severino, tanto discussa nella passata decade, che determina l’incandidabilità e il decadimento dal pubblico ufficio in caso di condanna in via definitiva per reati gravi contro la Pubblica Amministrazione.

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