Sguardo al Mediterraneo (di Cosimo Risi)

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L’attenzione è volta al conflitto in Ucraina. Per la popolazione sotto attacco e per le minacce alla sofferta pax europea. La probabile adesione di Finlandia e Svezia alla NATO  rafforza il fronte nord-orientale a cospetto di quello che una volta gli americani chiamavano “l’impero del male” (la Russia). Qualcuno a Washington avrà letto la trilogia dell’Impero di Isaac Asimov. Il fronte sud resta scoperto e sostanzialmente affidato alle potenze costiere.

Il Mediterraneo non si lascia distrarre dai fatti europei e continua a macinare cronaca. In Israele, la grande coalizione alla base del Governo Bennett – Lapid, con la promessa staffetta fra i due leader a metà mandato,  perde pezzi. La maggioranza è così risicata che bastano poche defezioni per mettere in crisi il modello costruito attorno all’imperativo “tutto fuorché Netanyahu”. Bibi Netanyahu, il vecchio capo del Likud e più longevo Primo Ministro della storia, è attivo nello sfilare dalla coalizione i deputati a lui più vicini e così rovesciarla.

A Jenin, Cisgiordania, l’uccisione accidentale della cronista di Al-Jazeera  Shireen Abu Aklee e la repressione poliziesca ai suoi funerali hanno riacceso lo scontro fra Israeliani e Palestinesi.

Il Governo Bennett – Lapid vanta qualche risultato sul piano internazionale. La visita del Primo Ministro Bennett ad Abu Dhabi, dove è stato  accolto con calore dall’allora reggente ed ora probabile Presidente degli Emirati Arabi Uniti, quel Mohammed bin Zayed al-Nayan che è accreditato di uomo forte del Golfo. E poi il vertice del Negev, dove il Ministro degli Esteri Lapid ha ospitato alcuni colleghi arabi, compreso l’egiziano tradizionalmente riluttante a mostrarsi in terra d’Israele.

Non si può escludere che il Capo dello Stato Herzog sciolga la Knesset, e sarebbe la quarta volta in pochi anni, per dare luogo a nuove elezioni. Con lo stallo da competizione elettorale, il dossier Palestina finirebbe  in secondo piano. Il tempo non gioca a favore delle aspirazioni palestinesi.

La prossima missione del Presidente Draghi a Gerusalemme  contribuisce a qualificare la posizione italiana nell’area ed allargare il campo dei fornitori di gas. L’interesse va  al giacimento Leviathan che ha dato al paese  l’autosufficienza e il potenziale di esportazione.

Il Mediterraneo continua ad essere luogo di sbarchi e naufragi. L’ultimo episodio al largo della Tunisia, con il solito rimbalzo di responsabilità fra le ONG e le autorità costiere di Tunisia, Malta, Italia. Open Arms le accusa di ritardare i soccorsi a scopo di deterrenza.

Nel periodo gennaio – maggio, in Italia sono sbarcati 4767 migranti nel 2020, 13765 nel 2021, 17973 nel 2022 (dati Ministero Interno). Le strutture di accoglienza soffrono, con Lampedusa sempre in prima linea.

Nel periodo febbraio – maggio 2022, in Italia sono arrivati 120000 Ucraini. Il loro impatto sociale è stato neutro se non benefico per certi aspetti. Praticano attività trascurate dagli Italiani, sarà difficile sostituirli se torneranno  in patria. Il che la dice lunga sulla diversa reazione delle nostre collettività all’arrivo degli stranieri.

La combinazione dell’estate e del conflitto incoraggia le  migrazioni della speranza: la speranza di alimentarsi. Il blocco delle esportazioni di cereali dai porti del Mar Nero ha dato il motivo ai grandi produttori (nell’ordine: Cina, India, Stati Uniti,  Canada, nonché Russia e Ucraina) di speculare sui prezzi, balzati del 12,6% da febbraio a marzo 2022.

La fame acuta è cresciuta del 17% nello stesso periodo per interessare 174 milioni di individui (dati FAO). Colpisce i paesi del Mediterraneo meridionale dall’economia già precaria. Nuove ondate migratorie sono prevedibili, a meno di non frenare la penuria di cereali. Lo sblocco dei porti sarebbe un buon segnale.

di Cosimo Risi

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